«L’incanto di Salecina»
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«L’incanto di Salecina»

Intervista In Svizzera, nei Grigioni di lingua italiana, ha appena festeggiato mezzo secolo una casa vacanze che è stata ed è ancora una avanguardia del pensiero ecologista

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 8 settembre 2022

Oltre a quella arcobaleno della pace, da luglio a Casa Salecina, in Svizzera nei Grigioni di lingua italiana, sventola anche la bandiera verde di Legambiente. In occasione della Carovana della Alpi 2022, una delegazione dell’associazione ambientalista ha attraversato il confine per consegnare al centro di formazione e vacanze situato in Val Bregaglia, a pochi chilometri da San Moritz, il premio che attribuisce alla sua policy climatica e ambientale. Salecina è dagli anni ’70 un punto di riferimento per la società civile non solo svizzera e italiana ma di molti paesi europei: proprio quest’anno con una serie di eventi ha festeggiato i suoi primi 50 anni, trascorsi fra pulsioni ideologiche e vita comunitaria, contaminazioni linguistiche e esperimenti di accoglienza, ed anche lo sforzo di ridurre il più possibile il proprio impatto ambientale; il tutto circondati da un paesaggio che ha la stessa dimensione del sogno che ha fatto nascere un esperienza del genere. Un sogno che non vuole sfuggire alla dura realtà dell’emergenza climatica. Antonio Galli è stato per anni uno dei gestori di Casa Salecina, mentre Dominik Siegrist di Zurigo è uno dei membri del Consiglio di Salecina, un gruppo aperto di persone che in forma del tutto volontaria sostengono e coordinano il progetto.

Nel 1972 si inaugura Casa Salecina: in che modo ha avuto inizio questa esperienza e per opera di chi?

Antonio: Salecina nasce su iniziativa di una coppia di librai di Zurigo: Amalia De Sassi e Theo Pinkus, tutti e due iscritti e attivisti del partito comunista svizzero dal quale furono espulsi nel 1942/1943. Durante la loro vita avevano tessuto una rete infinita tra personaggi politici, scrittori/scrittrici ed editori, fra cui Giangiacomo Feltrinelli. De Sassi e Pinkus cercarono contrastare le divisioni che indebolivano anche la sinistra svizzera lavorando per un’unità dei movimenti e partiti operai. La loro esperienza negli anni gli portò alla convinzione che era necessaria una casa dove si potessero incontrare i vari gruppi di sinistra e, con la condivisione degli spazi e dei semplici lavori domestici, provare un avvicinamento tra gli stessi. Individuata una vecchia fattoria in vendita, anche grazie anche al lavoro di volontari e volontarie di diverse parti dell’Europa, nel 1972 Casa Salecina aprì i battenti.

Che cosa rappresenta Salecina nell’ambito svizzero, un’esperienza diffusa o più un’eccezione?

Dominik: In Svizzera e anche nelle Alpi, Salecina è un progetto unico, partito dalla sinistra italiana, tedesca e svizzera negli anni Settanta, che ha attraversato il movimento ecologista nelle Alpi negli anni Ottanta e Novanta fino ad arrivare alle nuove iniziative sociali ed ecologiche dei nostri decenni. Gli ospiti, tra cui molti studenti e studentesse, agli inizi erano impegnati politicamente e bisognosi di un posto dove fosse possibile allontanarsi dagli orrori che avevano portato alla seconda guerra mondiale, e anche ribellarsi al potere autoritario che li opprimeva, sperimentando una vita in comune, dove l’autorità era composta dalle persone presenti. Oggi a Salecina vengono insegnanti, accademici, oppure gruppi, single e famiglie con bambini e bambine inseriti a casa in progetti ambientali e sociali. E’ rimasta uguale la possibilità di vivere uno spazio comune dove le persone hanno gli stessi diritti e doveri e dove ci si prende cura gli uni degli altri.

L’ecologismo è sempre stato uno dei principi guida di Salecina? Cosa è stato fatto nel tempo per curare questo aspetto?

Antonio: Al momento dell’acquisto dell’immobile di Salecina, il riscaldamento era garantito da una caldaia a gasolio. Oggi la caldaia in funzione è una caldaia a cippato automatica e il combustibile arriva dall’azienda forestale della Val Bregaglia. Va menzionato l’impegno di Salecinanell’impedire che a St. Moritz si potessero svolgere le Olimpiadi invernali. Oppure quando in una valle vicina, allagandola completamente, si volle costruire una diga per dare acqua alle centrali nucleari. Da parecchio tempo lavoriamo affinché gli ospiti ci raggiungano con i mezzi pubblici. Qualche anno fa, il Consiglio di Salecina, l’organo che prende le decisioni strategiche, ha deciso di aderire all’offerta dell’Unione dei mezzi pubblici locali, che prevede per gli ospiti che si fermano almeno due notti di poter usufruire gratuitamente di bus e treni durante tutto il soggiorno. Questo è stato un forte incentivo per lasciare a casa il proprio mezzo privato.

Quali sono i piani di Salecina in relazione a quella che nel frattempo è diventata una vera e propria emergenza climatica?

Antonio: abbiamo elaborato uno studio sulle emissioni di CO2 a Salecina in base al quale nel maggio 2022 sono stati deliberati dei provvedimenti importanti per raggiungere il tasso di emissioni zero entro il 2030. Dal lato dei consumi energetici, già da questo autunno raggiungeremo il 100% di energia rinnovabile, dal 93% attuale. Dal lato della mobilità, ci sarà una svolta radicale. Il viaggio di andata e ritorno degli ospiti che vengono in auto è responsabile di oltre l’80% delle emissioni di CO2 di Salecina: per questo motivo dal 2023 chi arriverà in automobili alimentate a benzina o a
diesel sarà tenuto a pagare una quota aggiuntiva basata sulla distanza percorsa; unici esenti le persone a basso reddito, gli anziani e i portatori di disabilità. Le entrate di questa quota CO2 confluiranno in un fondo destinato a sostenere chi arriva con il trasporto pubblico. Inoltre, dal 2030 non si accetteranno più ospiti che arrivano con mezzi individuali, anche se sono auto elettriche. Si tratta di un cambiamento drastico e non facile, per questo stiamo conducendo un sondaggio sulla nostra pagina web e alimentando una discussione per capire come avviare il processo. Abbiamo deciso anche di creare un fondo per il clima, per finanziare misure di riduzione delle emissioni di CO2.

L’impegno sociale ed economico di Salecina è stato riconosciuto anche formalmente? Anche in Svizzera c’è bisogno di un cambiamento culturale in senso ecologico?

Dominik: Salecina viene certificata dal 1997 ogni tre anni per i suoi risultati. La ditta IBEX-Fairstay giusto due mesi fa, tra 75 alberghi presi in considerazione, ha premiato Salecina come struttura ricettiva più sostenibile della Svizzera. Gli interventi sono molteplici e sfaccettati. Si va dalla riduzione di produzione di rifiuti e dell’utilizzo di combustibili fossili, all’organizzazione di convegni su temi quale il futuro delle Alpi a una filosofia di prezzi e un fondo destinato a persone in difficoltà economiche che permettono anche alle persone meno abbienti di poter trascorrere un periodo di vacanze in un posto di grande bellezza come l’Alta Engadina, altrimenti precluso a pochi. Per quanto riguarda l’ambito ecologico, la Svizzera ha un enorme responsabilità riguardo alla crisi climatica e ambientale globale, come tutti gli altri paesi europei e ricchi. Una sfida specifica per il nostro paese è mettere in discussione il ruolo globale delle banche.

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