Visioni

L’inarrestabile potere dei soldi nella «Caduta dell’impero americano»

L’inarrestabile potere dei soldi  nella «Caduta dell’impero americano»

Al cinema Fra thriller e commedia il terzo capitolo della trilogia di Denys Arcand dopo «Il declino dell'impero americano» e «Le invasioni barbariche»

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 25 aprile 2019

Un uomo si imbatte fortuitamente in una sacca piena di soldi, talmente tanti che sembra difficile resistere alla tentazione di rubarli. L’inizio potrebbe essere quello di Non è un paese per vecchi dei fratelli Coen, tanto più che anche nella Caduta dell’impero americano di Denys Arcand quei soldi trovati «fortuitamente» dal protagonista – un fattorino, Pierre-Paul , interpretato da Alexandre Landry – sono legati a persone molto poco raccomandabili: mafiosi, gang, sicari.

NON SIAMO però in Texas ma nel Canada francese, a Montreal, dove Pierre-Paul si è appena lasciato con la fidanzata dopo una lunga discussione sull’intelligenza che secondo il protagonista «è un handicap». Anche i più grandi pensatori infatti fanno cose stupide spiega Pierre-Paul, sempre pronto a citare filosofi e scrittori. Lui stesso in fondo non brilla per acume chiarisce subito il film, un thriller virato in commedia – anche heist movie «al contrario» in cui il bottino è conquistato da subito – sul potere inarrestabile dei soldi. E sull’immenso divario che separa chi li sposta come pedine del Risiko in giro per il mondo e le persone «normali», il 99% di Occupy Wall Street. O peggio ancora i senzatetto fra cui lavora come volontario Jean-Paul, e dei quali la bella escort di cui è innamorato – Camille (Maripier Morin) – conosce a malapena l’esistenza.

TERZO CAPITOLO di una trilogia cominciata nel 1986 con Il declino dell’impero americano, e proseguita con Le invasioni barbariche nel 2003, il film di Arcand continua una riflessione ideale sulle forze profonde che muovono gli esseri umani, dopo il sesso e la morte, in un’epoca in cui l’avidità e il potere dei soldi sembrano pervadere ogni aspetto della realtà. E lo fa giocando con gli stereotipi, dal banchiere senza scrupoli alla «prostituta dal cuore d’oro» fino all’immancabile coppia di poliziotti.
La critica sociale, politica e dell’alta finanza è però sin troppo esibita: non servono battute come «È questo che ha distrutto gli Stati uniti: i soldi», per raccontare lo sfacelo di un mondo, il nostro, sotto il sole splendente di un paradiso fiscale.

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