Cultura

L’improvvisazione non paga

L’improvvisazione non pagaIl Macro di Roma

Consulta arte contemporanea Dopo alcuni incontri con l'assessore alla cultura del comune, non sono emerse da parte dell'amministrazione capitolina proposte per una riorganizzazione degli spazi espositivi, mentre il Macro rischia la paralisi. E il 22 febbraio assemblea nella capitale.

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 19 febbraio 2014

Una rapida introduzione storica. Era l’inizio dell’estate del 2011 e a Roma amministrava l’Alemanno. Qualche mese prima, a gennaio, l’assessore Croppi, reo di finiana alleanza, era stato costretto dal rimpasto a lasciare il passo al berlusconiano Gasperini. Il primo importante contraccolpo di questa sostituzione furono le strane dimissioni di Barbero, direttore del Macro. Era evidentemente venuta meno la fiducia tra assessorato e direzione del museo, e quindi Barbero riprese le vie del Veneto. L’affaire fu però vissuto con una certa paura dal mondo dell’arte romana, memore dello scarso interesse che la destra aveva riservato alla cultura e alle arti in generale. Come conseguenza si formò un movimento di base piuttosto agguerrito, che si raccolse sotto la sigla di «Occupiamoci di Contemporaneo», e che occupò simbolicamente il Macro, anticipando addirittura di qualche giorno l’iniziativa del Teatro Valle. Da questo movimento nacque, in una difficile assemblea nella sala rossa del museo, la Consulta Arte Contemporanea Roma. Lo scopo dichiarato, il primo e fondante della Consulta, fu individuato nell’avere un ruolo di controllo tecnico e politico sulla gestione pubblica della cultura romana e, naturalmente, su quanto attinente all’arte contemporanea. In quel momento, nel 2011, l’urgenza maggiore sembrò essere quella della trasformazione del Macro in Fondazione, che il neoassessore dell’epoca dava quotidianamente per fatta, interpretando alla perfezione il classico copione della politica italiana. La nomina di Pietromarchi alla direzione del Macro riuscì a mettere la sordina a proteste e Consulta: in fondo il peggio era passato, inutile star lì a cercare il pelo nell’uovo.

Fu commesso un errore clamoroso nel pensare solo alla questione Macro e non ragionando su una più ampia provvisorietà gestionale e produttiva delle strutture espositive romane. Soprattutto, l’errore più grave fu quello di ritenere la destra unica causa dei mali dell’arte contemporanea e della cultura in città. In molti, se non tutti, abbiamo finito così per correre felicemente tra le braccia di una sinistra che invece sta implacabilmente e forse anche inconsapevolmente (il che non è una giustificazione), mettendo in ginocchio l’intero settore. Dopo mesi dall’insediamento del sindaco Marino, la situazione è in uno stallo pauroso: il Macro è senza direzione e senza nemmeno una discussione avviata su quello che dovrà essere la sua identità giuridico-formale; l’azienda Palaexpo è priva di una direzione culturale, mentre si cercano un Presidente e un consiglio d’amministrazione con modalità non proprio chiare; la Quadriennale è bloccata dall’assenza del consigliere del Comune; il distretto Testaccio-Mattatoio è praticamente abbandonato e la Pelanda comincia a mostrare i segni di degrado; c’è una totale disincronia tra le programmazioni dei musei comunali e di quelli nazionali come la Gnam e il Maxxi; e non da ultimo si segnala ormai una distanza siderale tra periferie e centro, senza uno straccio di piano didattico, formativo e di sviluppo coordinato.

Una situazione così drammatica che non solo è riuscita a rianimare di gran corsa la Consulta, ma che l’ha resa oltremodo determinata. Con le elezioni del 2 febbraio scorso, l’assemblea ha eletto il nuovo Consiglio dei Rappresentanti, dandogli mandato di verifica diretta delle intenzioni dell’assessore e dell’amministrazione. E infatti la scorsa settimana il Consiglio ha incontrato l’assessore Barca. La situazione è stata quella del classico paradosso: c’è stato un dialogo, lungo e a tratti piacevole, ma senza nessuna risposta concreta alle questioni poste sul tavolo, tranne il fatto che è in itinere la costruzione dell’avviso pubblico per la nomina del direttore del Macro. Ma Barca, che si dichiara strenua sostenitrice del metodo dialogativo con il quale procede da mesi, ha chiesto un contributo di proposte alla Consulta.

Data la gravità della situazione, come sottrarsi? Nonostante la Consulta sia un organismo autonomo e indipendente, che esiste a prescindere dalle richieste dell’assessore di turno, appare oggi molto sensato dare un contributo.

Nell’assemblea del 22 febbraio che si terrà al Macro, il Consiglio istituirà una serie di tavoli tecnici, intorno ai quali farà sedere le migliori competenze tecnico-artistiche, manageriali e giuridiche che compongono la Consulta. Saranno elaborate proposte sulle varie questioni aperte, e sulle quali chiederemo un confronto con l’Assessore. Ma questo solo se Barca riconoscerà pubblicamente questa sua necessità e s’impegnerà all’utilizzo delle proposte. Non potrà ad esempio continuare a dire che il bando del nuovo direttore del Macro è in via di definizione, ma dovrà a questo punto chiedere una verifica dei parametri utilizzati. Così come dovrà rendersi disponibile a cercare una soluzione più completa sul Palaexpo, che comprenda l’indirizzo culturale e non solo la gestione amministrativa e finanziaria. E ancora, dovrà ad esempio decidere su un uso più appropriato della Pelanda del Mattatoio, che potrebbe ad esempio essere suddivisa e affittata ad artisti e creativi. Le risorse ricavate potrebbero tornare al settore dell’arte contemporanea, nello specifico al Macro Mattatoio, creando un circuito economico virtuoso.

 

*) Curatore e portavoce ufficiale Consulta

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