Visioni

L’immaginario lungo i binari dello Shinkansen

L’immaginario lungo i binari dello Shinkansen

Maboroshi I treni sono una componente fondamentale nel paesaggio dei film giapponesi che attraversano in ogni epoca, da Ozu a Miyazaki

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 2 ottobre 2020

Il primo ottobre del 1964 veniva inaugurata in Giappone la prima linea dello Shinkansen, il treno super veloce, che negli anni a venire avrebbe contribuito a simbolizzare lo sviluppo tecnologico ed industriale del paese. Questi treni, che ancora oggi e sempre più numerosi, solcano l’arcipelago, furono inaugurati in occasione delle Olimpiadi di Tokyo del 1964, una perfetta vetrina internazionale. I giochi si svolsero saggiamente infatti nel mese di ottobre, onde evitare il caldo infernale dei mesi estivi. Se mai la capitale giapponese riuscirà ad organizzare l’evento sportivo l’anno prossimo, pandemia permettendo, la calura e l’umidità tipicamente asiatica sono un’ulteriore minaccia per la riuscita di una manifestazione che si preannuncia già molto difficile.

I TRENI  occupano, fin dal momento in cui sono diventati un mezzo di trasporto popolare, una parte importante e molto spesso carica di significati simbolici, nell’immaginario giapponese e non solo, dai fratelli Lumière in poi. Lo stesso Shinkansen è il set principale in cui si svolge uno dei film d’azione giapponesi più famosi degli anni settanta, Shinkansen Daibakuha (The Bullet Train) del 1975, diretto da Junya Sato e con un cast fra cui spiccano i nomi di Ken Takakura e Sonny Chiba. La trama segue un gruppo di terroristi che piazza una bomba su un treno diretto da Tokyo a Hakata che esploderà se questo scenderà sotto gli 80 chilometri all’ora, Storia già sentita? Naturalmente, perché il film americano Speed con protagonista Keanu Reeves si è chiaramente ispirato al lungometraggio giapponese.

Nello stesso anno usciva nei teatri giapponesi anche Domyaku Retto (Main Line to Terror) lavoro con cui Yasuzo Masumura dipinge, con un film non perfetto ma potente, una tagliente allegoria del Giappone contemporaneo, andando contro una vera e propria istituzione che difficilmente viene criticata, come i treni Shinkansen. Il protagonista minaccia di piazzare una bomba sul percorso di uno Shinkansen perché i tremori e l’inquinamento acustico di questi treni che spesso passano dentro ai centri abitati causano dolore e morti, molte volte non riconosciute. Il titolo originale significa «il sistema arterioso dell’arcipelago», un sistema che porta il sangue e ricchezza alle città ed i centri più ricchi, ma che toglie ossigeno alle altre parti del paese.
Lo sviluppo economico e tecnologico, quando è voluto a tutti i costi e non per il bene della comunità, e quindi non è sviluppo ma solo tornaconto economico, finisce per calpestare la parte debole e più povera della popolazione.

NN ESISTONO  solo i treni Shinkansen naturalmente, ma anche la miriade di linee locali o interregionali che solcano il territorio giapponese, città e campagna, una costante nel panorama catturato dal cinema in più di un secolo di storia. I film di Yasujiro Ozu ad esempio, e i suoi cosiddetti «pillow shots», le brevissime scene interposte fra l’azione, se di azione si può parlare in un lavoro di Ozu, sono spesso adornati con treni che passano o talvolta solo con il loro rumore, tempo che passa e vita che scorre senza pause verso la tappa finale. Come poi non parlare dei film d’animazione e dei cartoni animati dove il treno diventa lo sfondo di molte delle scene più importanti dell’intera opera. 5 cm al secondo di Makoto Shinkai (2007), La ragazza che saltava nel tempo (2006) diretto da Mamoru Hosoda, e un treno molto più speciale come quello in La città incantata di Hayao Miyazaki, dove Chihiro assieme a Senza-Volto vanno a visitare Zeniba, una delle scene più belle e malinconiche dell’intero lungometraggio.

matteo.boscarol@gmail.com

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