Visioni

L’immaginario e il multiverso delle merci

L’immaginario e il multiverso delle merciUna scena di «Spider-man: No way home»

Cinema Alle vicende dei supereroi campioni di incassi è intrecciata una straordinaria riorganizzazione industriale

Pubblicato quasi 3 anni faEdizione del 28 dicembre 2021

E se multiverso non fosse oggi altro che l’unico universo possibile delle merci? Se il multiverso non fosse altro che il (non)luogo che sostituisce ciò che per molto tempo abbiamo definito immaginario collettivo? Il luogo, insomma, dove merci condivise ma coperte da diritto d’autore s’intrecciano con altre provenienti da ambiti forse vicini ma separati da galassie di contratti, diritti di sfruttamento e percentuali importanti sui mercati ancillari (ossia i gadget, i giocattoli, l’abbigliamento, il fast food, l’elettronica ecc.).

NEL CASO della saga di Spider-Man (che nei titoli di coda viene correttamente attribuito a Stan Lee e Steve Ditko), avviata in casa Sony e orchestrata magistralmente da Sam Raimi che nei tre film da lui diretti ha omaggiato sia le origini (Lee-Ditko), l’era classica (John Romita) e la rinascita (Todd McFarlane) del tessiragnatele. Il film di San Raimi è una produzione Sony. Anche i due film successivi, quelli diretti da Marc Webb e interpretati da Andrew Garfield, sono targati Sony. Alla guida della Sony, dal 2006 al 2015, c’era Amy Pascal, passata anche lei come Hillary Clinton attraverso un server-gate (le cui cause sono intrecciate alle controversie diplomatiche con la Corea del Nord per il film The Interview), nel quale uno scambio di e-mail con Scott Rudin contenente osservazioni non proprio politicamente corrette nei confronti di Barack Obama e Kevin Hart la costrinse alle dimissioni. Nel periodo in cui Pascal scalava la Sony, alla Disney inizia quella si definisce l’era di Robert Iger (ex amministratore delegato e attuale presidente del consiglio d’amministrazione della Walt Disney , un periodo nel quale la casa di Burbank compie tutta una serie di manovre e operazioni che contribuiscono a formare il mercato dell’audiovisivo globale (e quindi dell’immaginario…) così come lo conosciamo oggi (per esempio, sostenere la tecnologia blu-ray nei confronti dell’Hd-Dvd).

IGER compra la Pixar e contemporaneamente riorganizza tutta la strategia mediale della Disney. A partire dal 2009, passano sotto la casa di Burbank sia la LucasFilm Ltd (ossia Guerre stellari e tutte le sue articolazioni) che la Marvel. Nel 2017 la Disney acquista la 20th Century Fox, compresa Fox Searchlight Pictures, Fox 2000, 20th Century Fox Television, FX Productions e Fox21, fra le altre cose (come dire che la cosiddetta «Casa del topo» gestisce sia un catalogo storico di film che marchi come i Simpson e campioni di incasso come Avatar). Nel periodo in cui Iger ridisegna la Disney, Pascal lancia Pascal Pictures con la versione al femminile di Ghostbusters.

AL DI LÀ del flop del film, della campagna d’odio scatenata da Milo Yiannopoulos su Twitter contro le protagoniste del reboot, è interessante osservare come la scelta di dare vita alla propria società avvenga nel segno di una IP, ossia la cosiddetta «intellectual property» salita agli onori delle cronache a causa delle dichiarazioni di Ben Affleck che ha dichiarato di non volere interpretare personaggi come Batman per dedicarsi a progetti originali.
Sin dal secondo titolo, la Pascal Pictures corregge micidialmente il tiro. Dopo l’acquisizione della Marvel da parte della Disney, che sarebbe diventato il Marvel Cinematic Universe sotto la scaltra e geniale guida di Kevin Feige, presidente dei Marvel Studios, responsabile della continuity e del piano editoriale, personaggi chiave come Spider-Man e gli X-Men tornavano di fatto «a casa» dopo essere stati sotto la Sony e la 20th Century Fox. Dopo gli esiti tiepidi del secondo Spider-Man interpretato da Garfield, che in No Way Home ironizza stoicamente sull’essere un Uomo ragno minore, Feige chiede a Pascal di azzerare la sua linea editoriale, pur restando proprietaria dei diritti, ma di fare entrare nella produzione la «nuova» Marvel. Tom Holland, il nuovo Spider-Man, con una campagna promozionale sapiente fa il suo ingresso nel MCU con Captain America: Civil War.

CONSIDERATO che i personaggi della Marvel sono i titolari di tutti i film campioni di incasso di tutti i tempi, ci si rende conto che, al di là dell’aneddotica (Pascal che avrebbe lanciato frustrata un sandwich a Feige nel corso di una riunione), quel che accade nel tentativo di conservare i diritti di sfruttamento delle creazioni di Stan Lee sono vere e proprie battaglie commerciali per occupare porzioni sempre più importanti del mercato cinematografico. Essendo il cinema diventato il luogo dei super-eroi, basti pensare alla scossa tellurica provocata dagli incassi di No Way Home su un mercato in agonia a causa della pandemia, non sorprende che, sempre Pascal, stia, attraverso la pletora di nemici dell’Uomo ragno, creando una sorta di universo a parte all’interno del MCU. D’altronde il sorprendente (e davvero riuscito) Spider-Man: Into the Spider-Verse anticipava, sotto forma di sogno bagnato per fan l’intrecciarsi dei vari Spider-mondi e di fatto introduceva il concetto di multiverso (operazione talmente raffinata a livello merceologico e visiva da potere essere considerato un «film sperimentale»).
Dietro l’acribia filologica dei fan che tentano di decifrare rimandi e indizi, si celano – di fatto – i geroglifici delle decisioni dei Ceo (come i caratteri illeggibili di un contratto). No Way Home, recuperando gli Spider-Man della Sony e i suoi antagonisti, introducendo dopo i titoli di coda Venom (con Morbius e Kraven in dirittura d’arrivo), mentre Sam Raimi sta dando gli ultimi tocchi al Doctor Strange perso nel multiverso, di fatto può essere letto come il resoconto provvisorio di una straordinaria riorganizzazione industriale, in un momento specifico della storia del cinema in cui i film di supereroi sono (piaccia o meno) «tutto» il cinema. Il multiverso – l’immaginario collettivo – diventa il luogo dove la merce supereroi diventa tutte le merci, di fatto ridisegnando persino il modo in cui desideriamo i nuovi film della Marvel.

SE POI dal cinema si allargasse la prospettiva alla tv e ai videogiochi, ci si rende conto che il multiverso è davvero quello dello sfruttamento incrociato dei diritti e dei marchi: la riorganizzazione in forma di spettacolo dei diritti d’autore. No Way Home, in questo senso, è esemplare per come riesce a trasformare quel che è di fatto una fusione industriale in un momento di commozione di massa. E se il dettaglio nel finale della presenza dell’imperatore Palpatine in versione Playmobil di Star Wars posato sul suo comodino da Spider-Man è un indizio, allora probabilmente non abbiamo ancora visto niente del multiverso e delle sue potenziali meraviglie (industriali).

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