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Lima, il Perù e il lascito di Antonello Gerbi nel gustoso montaggio filiale di Sandro

Lima, il Perù e il lascito di Antonello Gerbi nel gustoso montaggio filiale di SandroAntonello Gerbi nel giugno 1939, Archivio Franco Faldini

Ritratti italiani Sandro Gerbi, «Il selvaggio dell'Orinoco», Ulrico Hoepli editore

Pubblicato più di un anno faEdizione del 19 febbraio 2023

In una famosa vignetta c’è Klaus Mann bambino sulle ginocchia di Thomas, con la didascalia: «Non è facile essere padre di un genio». La sostanza è questa, senza dubbio; e se volessi descriverla con esattezza, meglio che a Google potrei chiedere a Sandro Gerbi (Lima, 1943), che di certo l’ha in mente più distintamente di me. Non che Antonello Gerbi (1904-’76) proiettasse attorno a sé le ombre glaciali che avranno popolato casa Mann; ma l’autorevolezza, seppur cordiale, della sua presenza, e poi l’ampiezza del suo lascito intellettuale avrebbero ben potuto scoraggiare, se non proprio soffocare sul nascere, le ambizioni legittime di Gerbi junior. Il quale invece – in quello che è quasi ormai mezzo secolo di lavoro giornalistico, editoriale e autoriale (di storico e di memorialista, intendo) anche, e forse soprattutto, sotto il segno di Antonello – ha felicemente scansato la ‘tragedia’ (o peggio il grigiore), riuscendo invece a apparecchiarci, titolo dopo titolo, una propria agile, gustosissima ‘commedia filiale’.

A differenza di Raffaele Mattioli e il filosofo domato (2002), il primo libro di Sandro Gerbi dedicato al padre (il «filosofo domato»), ch’è tutto originale, Il selvaggio dell’Orinoco (Ulrico Hoepli Editore, pp. 128, euro 16,90) è opera di montaggio oltre che di scrittura. S’attacca in Perù, con la lunga, splendida lettera (Lima, 20 gennaio 1944) di Antonello ai fratelli sulla morte e il funerale di Edmo, il loro padre. Il racconto continua con un’antologia di passi tolti dall’epistolario sulle diavolerie dei figlioletti, Daniele e Sandro (i selvaggi dell’Orinoco!). Poi, con un salto di circa vent’anni, eccoci in Italia, a seguire le tappe della crescita professionale di Sandro: dagli esordi nel giornalismo finanziario alla cura della nuova edizione Ricciardi della Disputa del nuovo mondo (’83), dei due inediti Il mito del Perù e Il Perù, una storia sociale (Franco Angeli ’88 e ’94) e dell’edizione Adelphi del Peccato di Adamo ed Eva (2011) – libri capitali, almeno la Disputa e il Peccato, che restano pienamente di Antonello pur essendo ora, nella forma accresciuta in cui li leggiamo, semplicemente impensabili senza gli studi e il lavoro di Sandro.

Ovunque spuntano aneddoti, spesso impagabili per un bibliofilo come me: come quello del giovane Praz, che esamina impassibile l’iconografia del sadismo al British Museum, e il povero bibliotecario, imbarazzato: «La prego, faccia attenzione, se si allontana non lasci il volume aperto sul tavolo» (non è la prima volta che Gerbi lo racconta: ma la commedia – diversamente dalla tragedia – non disdegna la ripetizione!). Il tutto arricchito da un inserto fotografico a colori: l’ultima immagine è la riproduzione di un disegno di Debora Ferreri: «L’autore ormai canuto, in piedi e con un libro in mano, argutamente raffigurato in mezzo al cranio dimezzato del sempreverde padre Antonello» (visto che abbiamo cominciato con una vignetta).

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