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L’identità irachena è ormai sfumata

L’identità irachena è ormai sfumata/var/www/ilmanifesto/data/wordpress/wp content/uploads/2015/03/09/10est2 iraq hatra photo tours

Analisi Khorsabad disegnò con Ninive e Nimrud un quadro integrato, di valore eccelso, fra il IX ed il VII secolo a.C.

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 10 marzo 2015

Ninive, Nimrud, Hatra. Ieri Khorsabad. Mi arrivano notizie che sfumerebbero quest’ultimo attacco, per mano kurda: spero che siano vere, temo che non lo siano. Non ne trovo traccia.

Il segretariato generale dell’Onu Ban Ki Moon ha lanciato «un appello urgente alla comunità internazionale per mettere fine a questa odiosa attività terroristica e contrastare il traffico illegale del patrimonio culturale la distruzione deliberata del nostro comune patrimonio culturale rappresenta un crimine di guerra». Perché la distruzione è preceduta e accompagnata dal frutto e dallo spoglio dei reperti, per la vendita. È questione centrale da porre a livello di Nazioni Unite il divieto di acquisto dei reperti archeologici che impegni più Stati possibili. Verso musei, gallerie, case d’asta. E a livello nazionale.

Il paese dell’arte non chiede su questo un’assemblea dell’Onu? Da noi sento silenzio, e qualche infelice, reiterata metafora ministeriale sul patrimonio archeologico come giacimento, come petrolio. Il ministro per il Turismo e le Antichità dell’Iraq Adel Fahad al-Shershab ha chiesto il «sostegno aereo» contro l’Isis, forse una no fly zone per bombardare (aerei Usa?) le truppe di Isis. I protocolli dell’Aja, e soprattutto i monumenti, verranno messi a dura prova se lo scontro si materializzerà proprio nelle aree monumentali. Ma i siti non sono stati protetti, le convenzioni esistenti, pur limitate, poco osservate. La precisione chirurgica mi preoccupa.

I luoghi feriti a morte, l’identità irachena frantumata. La cultura della conoscenza vivrà negli studi e nei musei, ma la guerra è la morte del paesaggio, da dove la conoscenza origina. Se il paesaggio, nelle forme che la storia crea nell’ambiente, costruisce identità aperte e plurali, va distrutto. Il messaggio del califfato è per chi verrà in futuro: dai luoghi non dovremo più apprendere le diversità. Rasi al suolo, «a una dimensione», si eviterà che tale pluralità sia valore e possa venire amata come la commedia ed il riso.

La fragilità di queste persone è forte – pericolosa perché dotata di denaro, armi, regole – se non regge la differenza portatrice di ricchezza e dubbio, se teme l’universo femminile. La ragione per la quale Isis distrugge le testimonianze archeologiche corre parallela all’odio verso il popolo kurdo e per le donne che l’hanno umiliata.

Khorsabad disegnò con Ninive e Nimrud un quadro integrato, di valore eccelso: fra il IX ed il VII secolo a.C. svilupparono, con straordinarie acquisizioni stilistiche, iconografiche e di racconto, il rilievo storico.

Gesta di re, tributi, conquiste, le caccie e i paesaggi. Nell’autorappresentazione regale, con ‘fermi immagine’ in lastre bipartite talora accompagnate da complesse descrizioni in cuneiforme e dotate di un dettaglio impressionante, score la storia politica fra ‘la terra in mezzo ai fiumi’ e ‘il mare fra le terre’.

Il re che costruì Khorsabad, mentre risiedeva nella sua reggia di Nimrud, volle chiamarsi Sargon, come il celebre re di Akkad che aprì milleseicento anni prima il suo impero verso il mare. Sargon II (Sharru-kin), operò fra il 721 ed il 705 a. c. una forte azione centralizzatrice in Assiria e lungo la costa siro-palestinese, persino una breve conquista di Cipro. Fondando Khorsabad in un luogo prima deserto modellò un nuovo paesaggio, oggi negato.

Khorsabad (conosciamo i suoi splendidi rilievi e sculture nei musei del Louvre, del British, in quello di Chicago) fu innovazione seria, a cominciare dalla planimetria quadrangolare – e ortogonale – della massa urbana.

Nelle lastre bipartite di decine e decine di sale, con messaggio esplicito per gli osservatori, i racconti seguono in maniera nuova ed efficace gli annali storici. Una documentazione insuperabile: mi ricordo la lastra della distruzione del palazzo urarteo di Rusaddir, con i celebri calderoni, raffigurati con grande precisione. O la notissima scena delle navi che trasportano legname e la straordinaria rappresentazione della città fenicia di Arwad. Città fenicie che pure dovettero accelerare i loro traffici verso l’occidente per fornire di risorse pregiate, probabilmente di maestri specializzati, la richiesta crescente dei palazzi assiri.

Mai portata a termine per la morte prematura di Sargon II nella battaglia contro i Cimmeri battaglia, voleva essere una nuova e più adeguata dimora per gli dèi: ma dopo la morte del re la reggia tornò a Ninive. Storie integrate e specifiche, come il paesaggio iracheno, ridotto a una dimensione. C’è persino chi sostiene che tutto sommato dobbiamo ringraziare i frutti del classico colonialismo, le straordinarie lastre e i tori androcefali che possiamo ammirare nei musei: ragionamenti avvelenati, perché c’è un legame intimo fra la visione antiquaria e tutta occidentale dell’oriente, la natura dell’orientalismo, le collezioni formate, l’esproprio dei territori.

E ora si punta alla soluzione finale.

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