Cultura

L’icona eterna della società dello spettacolo

L’icona eterna della società dello spettacolo

MILLE E UNA CALLAS Un libro polifonico, curato con sicura competenza da Luca Aversano e Jacopo Pellegrini

Pubblicato quasi 7 anni faEdizione del 20 dicembre 2017

Un libro su Maria Callas che non si sfoglia come un settimanale a rotocalco, traboccante di immagini frammentate di una vita esaltata, sarebbe già di per sé una buona notizia. Se poi il volume si trasforma in uno strumento per rivedere in senso critico non solo il teatro musicale italiano, ma anche la storia del costume del secondo Novecento, allora il lavoro diventa una lettura caldamente raccomandabile. Mille e una Callas (Quodlibet, pp.640, euro 26) è un libro polifonico, curato con sicura competenza da Luca Aversano e Jacopo Pellegrini, che hanno raccolto e ordinato un mosaico di studi dedicati a una delle principali icone della societé du spectacle in occasione del precedente decennale della scomparsa (a lei e alla sua voce è anche dedicata la mostra romana presso lo Spazio Eventi Tirso, fino al 21 gennaio 2018).

ALCUNE COSE sono cambiate tuttavia, rispetto al grande convegno promosso dall’Università di Roma Tre nel 2007. Si è spento, per esempio, il filosofo Elio Matassi, che abbozza proprio in apertura una fenomenologia della voce di Maria Callas, inquadrando il personaggio sullo sfondo del pensiero tedesco del Decadentismo e della Krisis.
I numerosi saggi, affidati a studiosi di generazioni diverse, sono stati rimessi a punto e ripuliti dalle scorie della lingua parlata, anche se qua e là si avverte ancora un eco dello stile colloquiale delle origini. Soprattutto, i curatori hanno pensato di aggiungere ai vari percorsi selezionati, dalla riflessione teoretica sul fenomeno Callas alla ricostruzione dei suoi personaggi scenici, fino all’analisi della figura della Diva nella sfera della comunicazione globale di oggi, una preziosa sezione di ricordi, aperta proprio da un fulmineo ritratto della Callas di Alberto Arbasino.

NON A CASO IL LIBRO prende il titolo dal suo contributo, che come sempre riesce a giungere al nocciolo della personalità di un artista con pochi tratti di un inimitabile linguaggio imaginifico. Questo percorso di memorie è prezioso anche perché raccoglie le voci di grandi personalità che nel frattempo ci hanno lasciato, come Bruno Bartoletti, Hans Werner Henze, William Weaver, lasciando una testimonianza viva dei loro ricordi.

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