Liceo Made in Italy, governo impreparato
I rilievi del Consiglio di Stato sull’indirizzo di studio disegnato da Valditara e Urso
I rilievi del Consiglio di Stato sull’indirizzo di studio disegnato da Valditara e Urso
Hanno fatto le pentole ma non i coperchi e i prodotti non sono neanche Made in Italy. Il nuovo indirizzo di liceo, fortemente voluto dalla premier Meloni (che lo ha personalmente lanciato al Vinitaly del 2023) e disegnato dai ministri Urso (Imprese) e Valditara (Istruzione) è stato bocciato dal Consiglio di Stato, l’organo che vigila sulla legittimità degli atti amministrativi. La Sezione Consultiva per gli Atti Normativi ha deciso di sospendere il proprio parere sullo schema di regolamento che definisce il quadro orario e gli obiettivi formativi del nuovo Liceo del Made in Italy. I giudici amministrativi hanno evidenziando una serie di criticità e lacune procedurali e hanno chiesto al Mim di rivedere il testo che definisce il funzionamento del nuovo liceo che già aveva dato molti dispiaceri agli ideatori.
AL SUO ESORDIO, IL GOVERNO aveva puntato su questo provvedimento per imprimere la prima svolta sovranista all’istruzione. Aveva quindi pensato che ci volesse un liceo apposito per «valorizzare e promuovere le eccellenze italiane». «È una parte qualificante della nostra riforma della scuola», aveva dichiarato Valditara, ora alle prese con la gestione di un flop già evidente da mesi. La bocciatura di esperti e sindacati era stata immediata. Ma anche quella delle scuole (pochissime hanno richiesto l’avvio della sperimentazione) e delle famiglie: ad oggi risultano iscritti 375 studenti in tutta Italia, lo 0,08% del totale degli studenti di prima superiore.
AL GOVERNO AVEVANO pensato che sarebbe stato un successo facile: giusto qualche modifica al vecchio Liceo economico – sociale (Les) con meno ore di lingua straniera e qualche ora in più di storia dell’arte e di diritto. Di conseguenza, con il consueto mix di pressapochismo e ideologia con cui spesso operano i ministri dell’esecutivo Meloni, Urso e Valditara avevano avviato una sperimentazione con un progetto molto vago che dettagliava solo il biennio e non approfondiva la mancanza di organico o di libri di testo adeguati. Che poi è quello che il Consiglio di Stato, tra le altre cose, contesta.
La Sezione Consultiva del Consiglio di Stato ha chiesto a Valditara di rivedere e integrare alcuni aspetti poco chiari. Tra questi i costi: Valditara, nella sua relazione tecnica, non ha specificato che il nuovo indirizzo non comporterà «maggiori oneri a carico della finanza pubblica». Poi è stato chiesto un chiarimento sulla Fondazione Imprese e competenze per il Made in Italy che servirebbe a promuovere il potenziamento e l’ampliamento dell’offerta formativa. Il Consiglio di Stato ha anche lamentato scarsa chiarezza sulla definizione dell’assetto del nuovo liceo, soprattutto per quanto riguarda la metodologia didattica e il «rapporto tra approfondimento e sviluppo di conoscenze e abilità». Ha poi rilevato una mancanza di natura procedurale: il ministero non aveva prodotto il parere, preventivo e obbligatorio, della Conferenza unificata.
«FAKE NEWS!», HA TUONATO il ministro leghista, annunciando anche l’arrivo, giusto ieri, del parere positivo della Conferenza Stato Regioni. «Non c’è nessuno stop – ha detto Valditara – il parere del Consiglio di Stato è interlocutorio e non definitivo e non pone osservazioni rilevanti, l’iter riprende e c’è la piena sostenibilità finanziaria». Adolfo Urso invece ha preferito una sottile bordata ai magistrati di Palazzo Spada: «Mi auguro che tutti i corpi dello Stato lavorino insieme nell’interesse del Paese». «Ancora una volta, la fretta è cattiva consigliera per il ministro – ha commentato la Flc Cgil – un provvedimento fumoso negli obiettivi, confuso nella sua impostazione metodologica e fallimentare nella sua anticipazione».
E DIRE CHE PER IMMAGINARE come sarebbe andata a finire, ai due ministri sarebbe bastato ricordare il risvolto comico dell’operazione di lancio del nuovo Liceo del Made in Italy. Quando, in occasione di Job&Orienta di qualche mese fa, il Mim aveva distribuito uno zainetto pubblicitario. Il gadget però era di manifattura cinese e, sotto lo stemma «Mim – Repubblica Italiana», campeggiava la bandiera del Regno Unito.
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