I dipendenti pubblici che timbrano e poi si assentano dal posto di lavoro – più noti come «furbetti del cartellino» – saranno sospesi entro 48 ore ed entro 30 giorni licenziati, al termine del procedimento disciplinare. È quanto prevede il decreto legislativo, attuativo della riforma Madia, approvato ieri dal consiglio dei ministri. Un secondo decreto, varato nella stessa seduta, riguarda le partecipate. È stata rinviata invece l’approvazione di un terzo dlgs, quello sulla selezione dei dirigenti delle Asl.

Il decreto sui «furbetti» era stato dichiarato illegittimo dalla Consulta, a novembre, insieme ad altri quattro: nel nuovo testo si prevede che dovranno essere acquisiti l’intesa della Conferenza Unificata e i pareri delle competenti Commissioni parlamentari (l’illegittimità consisteva nel fatto che i provvedimenti erano stati adottati senza intesa con le Regioni).

Il dipendente pubblico che viene colto in flagrante da telecamere o altri strumenti che registrano l’accesso in ufficio, inoltre, oltre a venire sospeso immediatamente in via cautelare rimarrà senza stipendio, fatto salvo il diritto all’assegno alimentare, «senza obbligo di preventiva audizione dell’interessato». La sospensione è disposta dal responsabile della struttura in cui l’addetto lavora, entro 48 ore dal momento in cui viene a conoscenza del fatto. La violazione di tale termine comunque «non determina la decadenza dall’azione disciplinare nè l’inefficacia della sospensione cautelare, fatta salva l’eventuale responsabilità del dipendente cui essa sia imputabile», dice il decreto.

Resta quindi confermato l’impianto sostanziale del decreto che era stato bocciato tre mesi fa: sospensione in 48 ore e licenziamento entro un mese per chi viene colto a strisciare il badge e andare poi a casa. Viene anche responsabilizzata la figura del dirigente: chi si gira dall’altra parte rischia a sua volta il licenziamento.

Al consiglio dei ministri della settimana prossima è stato rinviato il cosiddetto Statuto dei lavoratori pubblici» relativo a una più generale regolamentazione del lavoro.

Il decreto sulle partecipate prevede che entro il 30 giugno gli enti pubblici dovranno presentare dei piani in cui mettere nero su bianco le partecipazioni da eliminare perché fuori dai nuovi target (fatturato sotto un milione di euro, più amministratori che dipendenti). Rispetto al testo originario, entrato in vigore a settembre, c’è una proroga di tre mesi, per venire incontro alle richieste delle Regioni. C’è anche un ammorbidimento della regola sull’amministratore unico, non sarà un decreto a stabilire quando derogare e fare un cda, ma basterà una delibera, seppure motivata, dell’assemblea. Più tempo anche per adeguare gli statuti alle novità, fino al 31 luglio.

Tra le altre novità comunicate da Palazzo Chigi il fatto che «sono ammesse le partecipazioni nelle società aventi per oggetto sociale la produzione di energia da fonti rinnovabili» e inoltre «le università possono costituire società per la gestione di aziende agricole con funzioni didattiche».