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Licca-chan, l’anti Barbie in bella mostra

Licca-chan, l’anti Barbie in bella mostra

Maboroshi Pochi sanno che le prime Barbie, quelle che vestivano zebrato e che furono lanciate sul mercato americano alla fine degli anni cinquanta, vennero prodotte in Giappone con lavoratrici a domicilio che ne cucivano i vestiti

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 14 luglio 2017

Pochi sanno che le prime Barbie, quelle che vestivano zebrato e che furono lanciate sul mercato americano alla fine degli anni cinquanta, vennero prodotte in Giappone con lavoratrici a domicilio che ne cucivano i vestiti. Donne che probabilmente avevano ancora davanti agli occhi gli incubi della devastazione e dei dolori della guerra, la popolazione dell’arcipelago avrebbe lentamente cominciato la sua lenta ricostruzione fisica e morale solo nel corso del decennio sucessivo e con essa sarebbe cominciata anche la definitiva modernizzazione del paese con tutti i suoi effetti collaterali. La stessa Barbie sarebbe entrata nel Sol Levante solo nel 1963 e pur essendo ancora oggi ben presente sugli scaffali dei negozi, la bionda bambola non è mai riuscita a conquistare il cuore e le attenzioni delle ragazzine giapponesi, il suo posto è stato preso fin dal giorno del suo lancio, il 1967, da Licca. Questa rivale di Barbie fu introdotta sul mercato nazionale proprio nel luglio di 50 anni fa da Takara Co., ora conosciuta come Takara Tomy, e ripercorrerne l’evoluzione come giocattolo e come manufatto della cultura popolare significa riscoprire una parte importante del ventesimo secolo nell’arcipelago.

Proprio per celebrare questa ricorrenza è stata allestita a Ginza, Tokyo, una mostra che raccoglie più di 700 pezzi, accessori e memorabilia di vario genere che accompagnano il visitatore attraverso 5 decenni di cambiamenti di costume. Licca, o Licca-chan, il vezzeggiativo con cui è più spesso conosciuta, nasce proprio come risposta a Barbie, bambola ritenuta troppo bella e dai lineamenti troppo perfetti e «stranieri» per poter essere accettata con naturalezza dalle bambine dell’epoca. Takara decide quindi di progettare qualcosa di diverso, ma non per forza di «giapponese», dopo tutto la fine dei 60 sono un periodo in cui la cultura occidentale pervadeva le case giapponesi. Si decise di rendere la bambola più piccola, con un corpo più esile e meno voluttuoso di quello di Barbie, per quanto riguarda i lineamenti del viso si presero a modello le protagoniste del shojo manga che tanta popolarità riscuotevano fra le ragazzine dell’epoca, grandi occhi sognanti e sorriso acqua e sapone, e per chiudere il cerchio a creare il design di Licca fu chiamata Miyako Maki, manga-ka e moglie di Leiji Matsumoto, il padre di Capitan Harlock. Per dare più profondità al personaggio furono decisi molti dettagli, Licca-chan è una ragazzina solare ma un po’impacciata di 11 anni il cui nome completo e Licca Kayama, di padre francese e madre giapponese, la Francia veniva e forse viene ancora vista come il paese dell’eleganza e del fascino.

Interessante la composizione della sua famiglia, fin dai primi anni le fu fornita una madre ed una sorella gemella ma una bambola del padre non c’è mai stata fino alla fine degli anni ottanta, questo perché la figura paterna nella società nipponica, le cose sono cambiate negli ultimi decenni ma forse neanche tanto, è particolarmente assente, la maggior parte della giornata viene spesa in ditta, sui treni che riportano a casa o in cene «obbligatorie» con clienti. Per segnare o almeno auspicare un cambiamento in questo senso, il padre di Licca fu introdotto nel 1989, alla fine dell’epoca Showa (1926-1989), in un periodo in cui il governo cercava di spingere le grandi compagnie ad adottare la settimana lavorativa di cinque giorni. Recentemente poi al padre è stato affibbiato il ruolo di ikumen, genitore che è attivamente impegnato nella cura e nella crescita dei propri figli, più una mossa di facciata che un reale riflesso di ciò che davvero succede nella società.

matteo.boscarol@gmail.com

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