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Libro d’artista, sperimentare fuori dalla lettura

Libro d’artista, sperimentare fuori dalla letturaGiuseppe Capogrossi, Capogrossi, Venezia, Edizioni del Cavallino, 1966

A Roma, American Academy Artists Making Books: Pages of Refuge, collezioni Aldobrandini e Consolandi

Pubblicato un giorno faEdizione del 27 ottobre 2024

Simulacro adorato di bibliofili, antiquari e collezionisti, ma anche straordinario strumento espressivo per poeti, narratori, editori, illustratori, grafici e artisti, il libro rischia sempre di più di diventare oggetto da museo. Perché ciò non accada, con mossa solo apparentemente contraddittoria, l’American Academy in Rome, ispirandosi alla lezione del pittore e fotografo Ed Ruscha, ha messo in mostra settantasei libri d’artista, provenienti dalle collezioni del romano Giovanni Aldobrandini e della milanese Claudia Consolandi: Artists Making Books: Pages of Refuge (fino al 7 dicembre). Solo verificando il potenziale creativo dell’oggetto sarà possibile riattivarlo. Questa piccola e stuzzicante esposizione rilancia insomma la convinzione futurista, enunciata da Marinetti, che il libro sia fatto per trasformarsi: una volta inclusi suono e immagine, esso ha finalmente liberato la parola dalle sue pretese semantiche, rompendo la ragione sintattica della scrittura e «la cosiddetta armonia tipografica della pagina».

Pur sempre di contenuto si trattava, tuttavia, ma il libro come oggetto tridimensionale dal potenziale scultoreo, svincolato da ogni pretesa di lettura, non era troppo lontano a venire: con i pop-up di Andy Warhol (di cui è in mostra Index,1967, contenente un castello e un aeroplano di cartone, un disco di Nico, canzoni di Lou Reed, un palloncino d’argento, un portafotografie), le narrazioni a soffietto di Kentridge (qui Portage, 2000, dove silhouettes nere si sovrappongono alle pagine dell’Encyclopédie, mettendo in discussione le pretese di controllo della civiltà dei Lumi attraverso l’oscuro, il magico, l’inconscia), i libri tessili di Maria Lai (con la scrittura a imitare la cucitura come gesto antropologicamente identitario) e la scrittura illeggibile di Irma Blank (che, priva di referenzialità, costringe a «leggere diversamente»).

Col libro si può fare di tutto: riempirlo di cartoline postali (il Dossier postale di Alighiero Boetti, 1969-’70), illustrare un altro libro (Le Chef-d’oeuvre inconnue di Picasso d’après Balzac, metatesto per eccellenza), imbullonarlo (con pagine senza ordine fisso, da svitare e ricomporre, come volle Depero Futurista nel 1927), invitare a toccarne il rilievo (nel genio di Marcel Duchamp, che proponeva un seno di gomma in copertina per rispondere al «vietato toccare» delle didascalie da museo), ridursi a cornice (nel Libro Quasi Dimenticato a Memoria di Vincenzo Agnetti), scriverci musica, numeri o segni (la sequenza di Fibonacci in 987 di Mario Merz, grafemi puri nel diario di Hanne Darboven o la propria pelle nelle pagine di Giuseppe Penone), oppure semplicemente raccogliere storie, emozioni, immagini, il bianco o il vuoto.

Libro luogo d’incontro, dunque: non solo tra autore e lettore, ma tra mani e voci, significati e idee, suoni e immagini, progetti e visioni. Sono libri i volantini di Jenny Holzer che mimano gli ex libris, il Pinocchio bucherellato di Stefano Arienti o La bella addormentata nel bosco cancellata di Emilio Isgrò. Che il mezzo non fosse più il messaggio ce lo spiegò Marshall McLuhan; che il mezzo possa istituire il significato ci invita a pensarlo questa mostra.

Divisa in quattro sezioni (Copertine, Pagine, Azioni e Collaborazioni), può essere letta come una storia dell’arte novecentesca sub specie libri, una riflessione sul libro come oggetto, una meditazione sulle forme della comunicazione e una provocazione sulla società capitalistica. Ruscha riteneva che il libro fosse un potentissimo veicolo di democrazia quando dichiarava: «Non voglio creare un libro prezioso a tiratura limitata, ma un prodotto di massa di alta qualità». Partire da Marinetti significa allora anche opporre a Marinetti proprio ciò che lui detestava: «la carta a mano seicentesca, fregiata di galee, minerve e apolli, di iniziali rosse a ghirigori, ortaggi, mitologici nastri da messale, epigrafi e numeri romani». I libri composti in mondi di libri, come nei quadri di Arcimboldo, ibridati in capolavori visivi (Sonia Delaunay con Blaise Cendrars) e trasposti in supporti dal design stilizzato o futuribile, come gli e-books, sono un trionfo di barocca arte combinatoria, fuochi d’artificio di una ricerca di nessi segreti e nascosti che solo chi s’immerge nel libro del mondo e nelle sue leggi, come suggeriva Galileo, può rivelare.

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