Finita la Book Fair di Londra, gli editori sono rientrati a casa e il bilancio, tenendo conto di una situazione globale decisamente tetra, è buono. Nessuno si è lamentato troppo per il divieto anti-Covid di fare feste, anche se – registra con tono neutro «Publishers’ Weekly» – «alcuni editori hanno ospitato bevute improvvisate nei loro stand a fine giornata» e «i pub intorno a Olympia [la sede della fiera] la sera erano pieni di editori». Nulla di strano, e neppure strano che la pandemia sia stata al centro di molti dibattiti: pare che finora quasi tutti gli autori abbiano dimostrato una certa reticenza nell’includere nei loro libri l’impatto del coronavirus. Una scelta che diverse case editrici trovano discutibile: Jenny Geras, direttrice di «Bookoutre», una società britannica di editoria digitale, per esempio, osserva che almeno inizialmente «l’unico modo in cui gli autori affrontavano la pandemia era di ambientare i loro romanzi nel 2019», ma è lei stessa, adesso, che li incoraggia «a scrivere quello che sta accadendo davvero, senza velature».
Le fa eco Eoin Purcell, capo di «Amazon Publishing» nel Regno Unito e in Germania: «Non vedo l’ora di ricevere proposte di testi narrativi ambientati durante la pandemia».

Intanto Porter Anderson, direttore di «Publishing Perspectives», rivela i titoli di alcuni libri i cui diritti sono stati ceduti durante la London Book Fair (o forse già nelle settimane precedenti). Veniamo così a sapere che Sellerio si è aggiudicata Le colonel ne dort pas, secondo romanzo della giornalista francese Emilienne Malfatto il cui esordio, Que sur toi se lamente le Tigre (Elyzad), aveva vinto il Goncourt opera prima: protagonista del nuovo libro è un militare che, «in un anonimo scantinato nella grande città di un paese in guerra, trascorre le sue giornate in una pratica di cui è esperto, la tortura, ma che di notte non riesce a dormire, tormentato dai suoi fantasmi». Anderson non rivela invece il nome dell’editore italiano che ha acquisito i diritti di The Autists: Women on the Spectrum della svedese Clara Törnvall, «saggio narrativo sulle donne con autismo ad alto funzionamento» (se l’annuncio non inganna, la lista include Emily Dickinson, Simone Weil e l’Alice di Lewis Carroll), mentre non avrebbe ancora trovato casa (editrice) in Italia Tiefes dunkles Blau della svizzera Seraina Kobler, una storia dark e biotech ambientata sulle rive del lago di Zurigo, almeno a giudicare dalla sintetica scheda.

Sono piccoli assaggi di quello che forse leggeremo nei prossimi mesi o che comunque potrebbe trovare posto sugli scaffali delle nostre librerie. La differenza va sottolineata, perché a quanto pare l’antica abitudine di acquistare libri solo a scopo decorativo rimane viva, anche in paesi dove teoricamente la pratica della lettura è più diffusa che in Italia. Nel mondo di lingua inglese ha suscitato infatti un po’ di rumore la notizia che l’attrice e cantante statunitense Ashley Tisdale ha mandato il marito a comprare in blocco quattrocento volumi per dare un tono alla sua villa di Beverly Hills in vista di un servizio fotografico per «Architectural Digest». È stata lei stessa a confessarlo, riferisce Elle Hunt sul «Guardian»: «Questi scaffali, devo essere onesta, erano vuoti fino a un paio di giorni fa», ha ammesso candidamente la star di High School Musical. E Tisdale non è la sola a considerare i libri un oggetto di arredamento: insieme a lei Hunt cita l’attrice e (soprattutto) imprenditrice Gwyneth Paltrow e la cantautrice britannica Adele, che se non altro è andata di persona da Daunt Books a fare incetta di volumi per uno shooting. Ma, precisa Hunt, «tirando giù i libri dagli scaffali della libreria senza nemmeno guardare i titoli sulle coste».