Quante brutte notizie arrivano dal mondo del libro (e non solo dal mondo del libro, in effetti)! Ecco l’ultima, che si inserisce nella costellazione sempre più numerosa di testi vietati nelle biblioteche degli Stati Uniti perché considerati osceni o comunque nocivi. Capitano così spesso, questi episodi, che passa perfino la voglia di parlarne, come succede quando ci si abitua a una situazione, anche la peggiore. Ma di fronte all’idea che i bibliotecari possano affrontare, oltre a multe onerose, anche la prigione, è difficile scrollare le spalle.
Come scrive Hannah Natanson sul Washington Post, negli ultimi mesi, infatti, «almeno sette Stati americani hanno approvato leggi in base alle quali i bibliotecari potrebbero rischiare anni di carcere e multe per decine di migliaia di dollari per aver fornito libri sessualmente espliciti, osceni o ‘pericolosi’». Nel mirino di queste leggi – che si potrebbero estendere presto ad altri dodici Stati – ci sono in particolare i bibliotecari scolastici, ma non mancano provvedimenti più estesi, per esempio nell’Arkansas, dove a partire dal primo agosto anche «i bibliotecari pubblici, così come i docenti, possono ricevere una pena detentiva fino a sei anni o pagare una multa di 10mila dollari se distribuiscono testi osceni o dannosi».
Cosa poi si intenda per «libri osceni o dannosi», le leggi non lo specificano e con ogni probabilità – scrive Natanson – le decisioni spetteranno ai tribunali, un dato che non attenua le preoccupazioni: «Sono 37 anni che lavoro nella scuola e non ho mai visto nulla di simile. Stiamo entrando in un periodo spaventoso», ha dichiarato Keith Gambill, presidente del sindacato degli insegnanti dell’Indiana, uno degli Stati che hanno adottato i nuovi provvedimenti e che non casualmente sono a maggioranza repubblicana.
Insomma, negli Stati Uniti sui libri da leggere – o meglio, da non leggere – la guerra (soprattutto politica) è in corso, e non passa giorno, o quasi, che non ci sia qualche scontro. Proprio l’altro ieri per esempio – riferisce l’Associated Press – «il Dipartimento dell’Istruzione ha stabilito che la decisione di un distretto scolastico della periferia di Atlanta di rimuovere alcuni libri dalle sue biblioteche può aver creato un ambiente ostile che viola le leggi federali contro la discriminazione razziale e sessuale».
Sempre più difficile, però, in questo quadro conflittuale, prevedere cosa creerà «un ambiente ostile». Lo ha capito a sue spese Maggie Tokuda-Hall, autrice di un libro illustrato per bambini, Love in the Library, in cui racconta come i suoi nonni, George e Tama, si conobbero durante la Seconda guerra mondiale nel campo di prigionia di Minidoka, dove erano detenuti, come altre 120mila persone negli Stati Uniti, per il solo fatto di avere origini giapponesi.
Edito da una sigla indipendente, Candlewick Press, il libro ha avuto successo, tanto che il colosso Scholastic, i cui titoli sono presenti in quasi tutte le elementari americane, ha proposto di ripubblicarlo. Peccato, però, che l’offerta comprendesse quello che Tokuda-Hall, citata in un articolo di Naomi Ishisaka sul Seattle Times, ha definito «un patto faustiano»: dal testo, infatti, sarebbe dovuta sparire «ogni menzione alla prigionia dei nippo-americani che legava quella storia a un passato più ampio in un momento ‘politicamente sensibile’» – in altri termini, l’elemento centrale del libro. Solo quando la scrittrice, dopo avere rifiutato, ha reso nota la vicenda, Scholastic ha fatto un passo indietro, ma il danno era fatto. E proprio come Gambill, Tokuda-Hall parla del «periodo spaventoso» in cui ci troviamo a vivere.
Certo, la confusione sotto il cielo è grande. E non è detto che sia una bella cosa.