Sono armi sempre più pesanti quelle che nelle ultime ore vengono impiegate nella battaglia in corso a Tripoli, ancora confinata nella periferia sud della capitale. I morti, quasi tutti soldati eccetto due medici e un autista di ambulanze sono, secondo il bilancio accertato dall’Oms, 56 ma le Nazioni unite, che tornano a chiedere un cessate-il-fuoco, e l’Oim dicono che gli sfollati sono arrivati ormai tra i 6 e gli 8 mila in città.

MISSILI terra-aria Grad sono caduti sull’area di Qasr bin Ghashir e sulle case di Ein Zara mentre nei cieli di Ein Zara e della cittadina di Tarhuna si sono alternat i raid dei caccia misuratini e dell’aviazione di Haftar. L’avanzata del generale cirenaico a Yarmuk, dove gli edifici erano già stati imbandierati con i suoi emblemi, è stata fermata dalla milizie Sumud al comando di Salah Badi, già sotto sanzioni Usa per la spregiudicatezza del suo comando di “Alba libica” nel 2014 proprio contro Haftar.

Alle «forze di difesa di Tripoli» (provenienti per lo più da Misurata) ieri si è unita un’altra milizia islamista – il Consiglio della Shura dei rivoluzionari di Bengasi – con a capo Ziad Belam, espulso dal capoluogo della Cirenaica dall’Esercito nazionale libico e inserito nella lista di terroristi come affiliato ad Al Qaida nel Maghreb. Badi e Belam combattono ora fianco a fianco a protezione del governo riconosciuto dall’Onu e dall’Italia.

Il primo ministro italiano Giuseppe Conte nel pomeriggio è intervenuto alla Camera con una informativa urgente sulla Libia e ha semi-sconfessato lo scoop di Repubblica in base al quale avrebbe incontrato a Roma una delegazione del «feldmaresciallo di Bengasi», forse addirittura il figlio Khalid Haftar che sta guidando l’offensiva. Conte ha ammesso di aver avuto contatti con un suo emissario ma ha detto di aver anche sentito telefonicamente il premier Serraj, sostenendo che il suo obiettivo prioritario è arrivare ad una tregua, quindi evitare una crisi umanitaria e il risorgere dell’Isis.

L’Europa è in stallo. A margine del vertice Ue sulla Brexit mercoledì sera è fallito un nuovo tentativo – dopo quello al Consiglio di sicurezza Onu – di approvare una dichiarazione per intimare ad Haftar di fermarsi. La Francia – smentisce l’Eliseo ma confermano l’agenzia Reuters e il quotidiano Guardian – ha bloccato il testo, togliendo il nome di Haftar e sostituendolo con la frase «tutti gli attori libici alimentano il conflitto».

L’ALGERIA, già scossa dalla proteste anti-Bouteflika e ora intimorita dal possibile contagio libico, cerca di intavolare con gli altri paesi confinanti – Tunisia ed Egitto – un summit per raffreddare la tensione a Tripoli. All’incontro dovrebbe partecipare anche l’inviato Onu Ghassam Salamé, che intanto rischia di vedersi rimpatriare i 231 caschi blu nepalesi addetti alla sicurezza della missione Unsmil.