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Libano, profugo palestinese si dà fuoco contro i tagli dell’Unrwa

Libano, profugo palestinese si dà fuoco contro i tagli dell’UnrwaBeirut. Profughi protestano contro i tagli alla sanità decisi dall'Unrwa – Olga Ambrosiano

Unrwa I Paesi donatori dimenticano l'agenzia dell'Onu che assiste i rifugiati palestinesi, ora costretta a tagliare il budget della sanità. I profughi devono pagare parte delle spese mediche e non possono permetterselo.

Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 17 gennaio 2016

Il profugo palestinese Omar Khudeir, 23 anni, ha seguito Mohammed Bouazizi, il giovane tunisino che, contro gli abusi delle autorità, a fine 2010 si diede fuoco innescando la primavera dei Gelsomini. Martedì scorso, nel campo per rifugiati di Burj el Shemali (Tiro), in Libano, Omar, talassemico, si è trasformato in una torcia umana per protestare contro i tagli alla spesa sanitaria decisi dall’Unrwa, l’agenzia dell’Onu che assiste i profughi palestinesi. Un gesto estremo che ha generato immediate manifestazioni palestinesi di protesta, dalla Cisgiordania alla Siria, dal Libano a Gaza. Tra i rifugiati si è diffuso il sospetto di una “congiura” delle Nazioni Unite per spingere gli oltre cinque milioni di profughi palestinesi a rinunciare al diritto al ritorno nella loro terra d’origine e ad integrarsi nei Paesi dove vivono. Era accaduto lo stesso l’anno scorso quando l’Unrwa aveva annunciato il possibile rinvio dell’inizio anno scolastico per mancanza di fondi, poi scongiurato grazie a donazioni garantite all’ultimo istante.

 

I palestinesi prendono di mira l’Unrwa e suoi dirigenti ma il problema sta a monte. I Paesi donatori dell’agenzia, occidentali e arabi, guardano con crescente disinteresse alla questione palestinese e al problema dei rifugiati del 1948 e del 1967. Senza dimenticare che le conseguenze della crisi siriana – a cominciare dai milioni di profughi – e altri conflitti nella regione assorbono una buona fetta delle risorse delle agenzie umanitarie. La stessa Unrwa ha dovuto destinare maggiori aiuti ai profughi palestinesi in Siria, rimasti coinvolti nella guerra civile o scappati verso il Libano.

 

Con i tagli alla sanità,i rifugiati palestinesi devono pagare una parte delle spese mediche. E molti non possono permetterselo. «I palestinesi muoiono per malattie curabili perché non possono pagare gli elevati costi delle cure mediche», ci spiega la cooperante italiana Olga Ambrosanio che lavora a Burj el Shemali, «i palestinesi sono rimborsati sulla base di tabelle che elencano gli interventi, le malattie e la relativa percentuale di rimborso; i trattamenti più costosi non sono offerti dallo schema di aiuto dell’Unrwa e i profughi sono lasciati a sopportarne i costi, spesso insormontabili». Finora, aggiunge Ambrosiano, chi riusciva a mettere insieme la somma necessaria, ricorrendo a prestiti e collette tra parenti e conoscenti, era libero di accedere a qualunque ospedale del Libano. «Ma dal 1 gennaio – sottolinea la cooperante – l’accesso è limitato solo ad alcune strutture. Il gesto di Omar Khudeir ci aiuta a capire il punto di disperazione a cui stanno spingendo questo popolo».

 

I vertici dell’Unrwa ribadiscono l’impegno dell’agenzia che da oltre 60 anni assiste i profughi palestinesi e smentiscono “congiure” in atto. Il problema, ripetono, sono i fondi, sempre più scarsi. Per sostenere sanità e istruzione e altre attività umanitarie nei campi palestinesi occorrono ogni anno diverse centinaia di milioni di dollari. Soldi che i Paesi donatori promettono e che poi versano solo in parte.

 

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