Ricardo Franco Levi, commissario straordinario per l’Italia alla Buchmesse 2024 (dove il nostro paese sarà ospite con i suoi autori e autrici) ha rassegnato le dimissioni dall’incarico governativo in una lettera spedita al ministro della cultura Gennaro Sangiuliano. Motivazione, la sua correttezza professionale sarebbe stata messa in discussione da un articolo uscito su Libero che rilevava come la comunicazione per l’Italia alla fiera di Francoforte fosse stata affidata alla Ifc, società straniera (belga) in cui lavora suo figlio.

Levi – che dal giugno 2017 presiede l’Associazione italiana editori – ha rispedito al mittente l’indiscrezione sul conflitto d’interesse («mio figlio non si è mai occupato del progetto, quel lavoro se l’è trovato da solo»), ma ha anche deciso di fare un definitivo passo indietro. D’altronde, incaricato da Draghi, oggi il suo mandato ha come riferimento il governo Meloni.

La sua posizione «scomoda» si era già vista nel pasticcio del caso Rovelli quando Levi, in una sorta di autocensura e di inchino preventivo al potere, aveva invitato il fisico a non andare più alla Buchmesse (dal palco del primo maggio, Rovelli aveva attaccato il ministro della difesa Crosetto per le spese militari e si era schierato contro i «piazzisti di strumenti di guerra»). Salvo poi pentirsene e, sotto il fuoco incrociato del mondo della cultura, fare un passo indietro richiamando quello scienziato che aveva rispettato il ruolo degli intellettuali: esercitare il pensiero critico.

«Non mi dimetto», aveva detto allora. Adesso, invece l’ha fatto e Sangiuliano non ha perso tempo: lo ha ringraziato per il suo operato svolto sin qui e ha subito accolto quelle dimissioni, precisando di non essere lui il diretto destinatario istituzionale (è il governo), ma ribadendo «la necessità di dare discontinuità a questo incarico dopo le recenti polemiche».