L’«Europa reale» è il nuovo colosso dai piedi d’argilla
Sinistra europea Come si può motivare con ragionevolezza l’idea di una rottura con un Paese chiave del Mediterraneo, la Grecia, in piena crisi libica ed ucrainica?
Sinistra europea Come si può motivare con ragionevolezza l’idea di una rottura con un Paese chiave del Mediterraneo, la Grecia, in piena crisi libica ed ucrainica?
Il durissimo braccio di ferro in corso tra il nuovo governo greco e l’“Europa reale” ha già avuto il pregio di mostrare a tutti quale sia la natura della attuale governance del vecchio continente. Parlo, da tempo, di “Europa reale” volendo precisamente paragonarla, con tutte le naturali differenze, ai vecchi regimi del socialismo reale. Ciò che sta rendendo particolarmente folle, e non solo aspro, il confronto innestato dalle proposte, serie e ragionevoli, del nuovo corso greco è proprio questa condizione dell’attuale Europa che, come i vecchi regimi dell’Est, sembra essere un colosso dai piedi di argilla e tende a rapportarsi con i propri stati membri come ai tempi della “sovranità limitata”.
Come si può motivare infatti, con qualche ragionevolezza, l’idea di arrivare ad una possibile rottura con un Paese chiave del Mediterraneo, la Grecia, in piena crisi libica, ed ucrainica? Appunto una follia.
E come si può rispondere, sempre con qualche ragionevolezza, alla constatazione evidente in sé del fallimento delle politiche di austerità in Grecia ma in generale in Europa? In realtà non lo si può.
Per questo le strutture dell’“Europa reale”, e i poteri forti, nazionali e sovranazionali, che le sostengono si trincerano dietro uno status quo che sarebbe immodificabile pena il crollo del sistema.
Uso questo verbo, trincerarsi, volutamente. Lo mutuo da Collindrige che lo usò per criticare le tecnologie che sono pensate in modo da risultare irreversibili, anche di fronte a evidenti segni di fallimento. Erano i tempi del dibattito sul nucleare. E allora prendo a prestito un termine dalla fisica, «entropia», per dire che l’attuale sistema europeo è insieme produttore di caos, entropico, e di rigidità, si trincera. E’ cioè un sistema che assomma i difetti dei grandi sistemi di Usa e Cina eliminandone i “pregi”.
La realtà è che la costruzione della governance della austerità ha portato a iperfetazione un sistema che viene da lontano e che ha portato l’Europa alla attuale condizione. E’ il modello funzionalistico e intergovernamentale, quello di Monnet, che fino ad un certo punto ha avuto il contrappeso delle funzioni democratiche statuali e del modello sociale progressivo ma che poi degenera e fa degenerare il sistema. Ciò avviene già con l’ingresso della moneta unica, cui non si accompagna una forma di democrazia europea, che viene invece soppiantata dalle strutture tecnocratiche.
Il tutto si strutturalizza ancora di più con la austerità. In queste ore è squadernato tutto il campionario di assurdità messo in campo con i vari six pack, two pack e fiscal compact. Si è costruito un mostro istituzionale e giuridico che rende il sistema strutturalmente impermeabile sia alla democrazia che agli imput della realtà. Per di più ci si è mossi sommando il metodo comunitario, con cui si sono fatte le direttive, e quello intergovernativo, con cui si è varato il fiscal compact. Con in più l’eurogruppo che in materia di austerità funziona più come un consiglio di amministrazione, pesando le quote finanziarie immesse, che come una istituzione. Si aggiunga al quadro l’egemonismo della Merkel e i biechi interessi di alcuni Paesi prossimi ad elezioni, come la Spagna, per capire che l’azione di Tsipras sta scoperchiando il verminaio.
Un verminaio che ha inquinato i pozzi della democrazia. Non essendosi costruita una democrazia europea, oggi a chi chiede il rispetto del mandato popolare greco si risponde, irresponsabilmente, che c’è il mandato elettorale tedesco. Lavorando così, come fa da tempo questa sciagurata classe dirigente europea, a separare i popoli invece che ad unirli. Una classe dirigente sciagurata che in realtà è tenuta in vita solo dal compito assegnatole e cioè quello di favorire il passaggio dell’Europa nell’ambito del sistema della globalizzazione capitalistica finanziaria. A costo di distruggerla.
Perciò le proposte di Tsipras sono dirompenti e un accordo che ne recepisse il senso di marcia sarebbe straordinariamente importante. È evidente che al di là della questione delle cifre le cose in gioco sono il modello sociale e la questione democratica.
Uscire da Troika e Memorandum, le strutture incardinate dalla governance della austerità per essere rese permanenti, significa aprire la grande questione di un altro modello sociale e di una vera democrazia. Tsipras ha avuto la capacità di portare lo scontro al livello dove esso si pone e cioè quello europeo. E la mobilitazione popolare che lo sta sostenendo in tutta Europa dice che a questo livello cominciano ad arrivare anche i cittadini europei. Si apre cioè l’unica strada possibile e cioè quella di una Europa democratica e federale. Ma, come per tutte le rivoluzioni, la lotta è dura.
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