Europa

L’Europa della banche: nuova tappa

Eco-fin e Consiglio europeo Unione bancaria in vista, la Bce "supervisore". Il prezzo per una solidarietà futura nel salvataggio delle banche sono i "contratti" imposti agli stati, aiuti in cambio di riforme di austerità

Pubblicato quasi 11 anni fa

 

Riunione oggi a Bruxelles dei ministri delle finanze dei 28, per spianare gli ultimi ostacoli all’Unione bancaria. Si tratta dell’atto finale della corsa affannosa che l’Unione europea – e la zona euro in particolare – ha intrapreso nell’ultimo anno e mezzo per evitare un terremoto nel sistema bancario, dopo gli scossoni in Spagna, Irlanda e Cipro, spezzando il legame infernale tra crisi bancaria e debito pubblico. Quasi di nascosto, senza troppa pubblicità, la zona euro sta per fare un salto federale, imponendo una supervisione sui sistemi bancari, che si tradurrà in un nuovo trasferimento di sovranità dagli stati verso la Bce. La Commissione, che avrebbe voluto diventare il fulcro di questo nuovo meccanismo, è pero’ stata messa da parte. La Germania, in particolare, ha voluto limitare i poteri di Bruxelles. La Bce esce vincitrice da questa corsa all’accentramento del potere, anche se Mario Draghi mette in guardia contro i “rischi” di un sistema che sta diventando troppo complesso. L’accordo finale sull’Unione bancaria sarà dato al Consiglio europeo di giovedi’ e venerdi’ a Bruxelles, dai capi di stato e di governo dei 28.

Dal novembre del 2014, la Bce avrà la supervisione di circa 130 grandi banche europee (che pesano oltre il 20% del pil di un paese oppure che hanno interessi in diversi paesi della Ue). La direttiva stabilirà chi deve intervenire – e in che ordine – nell’eventualità di un salvataggio obbligato (o di un fallimento ordinato) di una banca europea. Come ha insegnato la crisi confusa a Cipro, gli azionisti saranno chiamati ad intervenire, per evitare che il peso finisca tutto sulle spalle dei contribuenti. In una prima fase, la banca in crisi dovrà cercare di risolvere da sola i propri problemi, con fondi propri. Poi farà appello agli azionisti. Solo in un terzo momento, potrà venir chiamato in causa un rifinanziamento pubblico e, in ultima istanza, un ricorso all’Ems, il Meccanismo europeo di stabilità, un accordo intergovernativo nato nel 2010 sull’onda della crisi greca e che puo’ levare fondi sui mercati fino a 700 miliardi.

I tempi saranno lunghi per arrivare a una solidarietà tra paesi che condividono la stessa moneta (e di quelli fuori euro che vorranno partecipare al programma), anche se la Bce avrà la supervisione delle banche tra un anno. Lunghi anche i tempi per scrivere nero su bianco che saranno garantiti i depositi fino a 100mila euro: sembrava un dato acquisito (ai suoi tempi, Berlusconi aveva sbandierato questa “certezza”), ma in realtà per il momento tutto è ancora nel vago (anche se la Commissione vuole rassicurare, affermando che nessun paese puo’ permettersi di mettere le mani nei risparmi dei cittadini, almeno fino a 100mila euro). In ballo, c’è anche la creazione di un fondo di salvataggio, alimentato dalle banche stesse. Ma la solidarietà puo’ attendere, anche su questo fronte: la supervisione subito, ma l’aiuto reciproco tra banche (che si sospettano a vicenda di avere in cassa troppi prodotti tossici) non ci sarà prima del 2026 (dovrebbe avere una forza di fuoco di 60 miliardi), malgrado i circa 500 miliardi che sono stati iniettati nel sistema bancario dal 2008, per salvarlo (cifra che sale a 1600 miliardi, con le garanzie varie). Per il momento, il ricorso all’Ems, anche solo in ultima istanza, sarà frenato (lo chiede Berlino): la Germania, che si sente in prima linea, preferisce aiuti indiretti, attraverso dei prestiti agli stati.

Questa solidarietà in prospettiva ha un prezzo, da pagarsi subito: si tratta dei “contratti” che gli stati devono sottoscrivere, in termini di impegni per le “riforme” (in soldoni, tagli alla spesa) in cambio di aiuti europei. I paesi “cicale” (il sud Europa, Francia compresa) sperano che il nuovo governo tedesco sia più conciliante e che tenga conto dell’impatto recessivo che hanno le “riforme” di austerità imposte per uscire dalla crisi dei deficit e dei debiti.

 

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