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L’Europa ascolti il grido di dolore dell’Amazzonia

La nostra foresta grida. Grida di dolore e non da oggi. La deforestazione, la pandemia, le violenze contro la comunità indigena e gli attivisti ambientalisti e difensori dei diritti umani, […]

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 25 febbraio 2021

La nostra foresta grida. Grida di dolore e non da oggi. La deforestazione, la pandemia, le violenze contro la comunità indigena e gli attivisti ambientalisti e difensori dei diritti umani, in particolare donne: sono l’espressione dell’attacco all’Amazzonia, alle sue ricchezze, alla vita. Siamo qui per reagire, contro le autorità nazionali che permettono tutto questo, ma chiediamo anche all’Europa di fermarsi».

I giovani indigeni, insieme ai Fridays for future, hanno lanciato un appello per il 26 e 27 febbraio: due giorni per una nuova mobilitazione online globale intitolata El Grito de la Selva, Voces de la Amazonia con cui chiedere – insieme all’Asamblea Mundial por la Amazonia, alla Coordinadora de Organizaciones Indìgenas de la Cuenca Amazonica (Coica), alla Red Eclesial Panamazonica (Repam) e Al Foro Social Panamazonico (Fospa) – di fermare l’offensiva dell’agrobusiness e dell’estrattivismo in corso in tutta l’area, ma in particolare in Brasile, e di rinunciare alla firma dell’accordo di liberazione commerciale tra Europa e i paesi dell’area Mercosur – Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay – che ne intensificherebbe lo sfruttamento.

L’Ue ha presentato la scorsa settimana la sua nuova strategia commerciale nella quale si propone di essere «più aperta, più sostenibile, più assertiva» con i suoi partner commerciali, introducendo vincoli di tipo sociale e ambientale agli accordi vecchi e nuovi. Alla domanda rivolta in conferenza stampa al vicepresidente della Commissione,Valdis Dombrovskis, per chiarire se questi vincoli sarebbero stati introdotti anche nell’accordo Ue-Mercosur, il vicepresidente ha assicurato che «le parti ci stanno già lavorando perché l’espansione commerciale dell’Europa nell’area è strategica dopo la pandemia». Dombrivskis ha fatto capire che il Brasile starebbe già rispondendo in maniera fattiva ad alcune di queste richieste europee. Peccato che l’affermazione sia lontana dalla realtà: poco più di due mesi fa l’istituto spaziale brasiliano Inpe ha dimostrato che almeno 11.088 kmq di foresta pluviale sono stati rasi al suolo tra agosto 2019 e luglio 2020, la porzione più estesa dal 2008. I parlamentari europei verdi e della sinistra europea, per nulla persuasi dagli impegni, hanno scritto alla Commissione e alla presidenza Ue di turno che è in capo al governo portoghese il quale, insieme a quello spagnolo e italiano, è il principale sponsor del trattato nel Consiglio europeo. Secondo i parlamentari, «gli ulteriori impegni in materia di deforestazione e clima» che la Commissione sta negoziando con i paesi del Mercosur «non sono applicabili e sanzionabili, non hanno un chiaro collegamento giuridico con il testo principale e non saranno sufficienti per colmare le carenze dell’accordo. Se la Presidenza vuole essere coerente con l’accordo di Parigi e il Green Deal europeo non può procedere alla ratifica di questo trattato così com’è». Il cardinale Pedro Barreto, presidente di Repam e vicino al Papa, denuncia chiaramente che la pandemia «è stata aggravata dallo squilibrio creato nella natura dallo sfruttamento economico. Bisogna fermarsi e ascoltare le voci dei popoli che vivono l’Amazzonia». Non le pretese delle imprese. La foresta attraversa 9 Paesi, è abitata da 380 popoli, 140 in isolamento volontario: 34 milioni di persone, di cui 3 milioni di indigeni immersi nel più grande serbatoio di biodiversità del pianeta.

Joao Pedro Stedile, leader del Movimento Sem Terra Brasiliano chiede ai cittadini di Italia, Spagna e tutta Europa di «unire le forze contro una mossa delle grandi corporation europee e multinazionali che condanneranno i cittadini d’Europa a mangiare porcherie piene di veleni, e noi popoli dell’America del Sud a perdere le nostre risorse naturali e il lavoro». E Greta Thumberg, tra i promotori della mobilitazione, insieme alla leader indigena Sonja Guyara, denuncia che «l’Amazzonia brucia di nuovo, dobbiamo proteggerla, impedire che con essa vada in cenere il nostro futuro: questa è una battaglia che dobbiamo vincere, e dobbiamo vincere insieme». La strategia della Commissione punta sul portare al voto separatamente l’accordo commerciale e il testo del partenariato politico tra Europa e Mercosur, per poter evitare che l’obbligo di ratifica da parte degli Stati membri previsto per un testo «misto» rallenti il processo. Ma i movimenti europei per la giustizia commerciale e climatica, insieme ai sindacati, promettono battaglia e anche il passaggio del trattato nel Parlamento Ue si annuncia meno scontato di quanto auspichi la commissione.

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