Leggere cinque minuti al giorno giova alla salute quanto i proverbiali diecimila passi quotidiani o le altrettanto famose cinque porzioni di frutta e verdura raccomandate dai nutrizionisti: lo ha annunciato Camilla, consorte di Carlo III d’Inghilterra, presentando i risultati di una ricerca commissionata dall’associazione The Queen’s Reading Room, che da un anno affianca il suo omonimo book club. E se cinque minuti producono questi effetti benefici, chissà quali sarebbero le conseguenze se i tempi di lettura si estendessero a un’ora intera: forse la vita eterna?

Mancano ancora, purtroppo, i dati completi di questo «studio neuroscientifico qualitativo e quantitativo, realizzato usando scansioni cerebrali, test cutanei e un’indagine rappresentativa a livello nazionale»: per adesso (citiamo dal profilo Instagram della famiglia reale britannica) si sa solo che «cinque minuti di lettura possono ridurre lo stress quasi del 20% e migliorare la concentrazione dell’11%» e che «leggere la mattina può aiutare i lettori a sentirsi più connessi con gli altri e pronti ad affrontare le sfide della giornata».

Anche se non abbiamo gli elementi che darebbero più sostanza alla notizia (per esempio, la riduzione di stress si produce sempre, che si legga Guerra e pace o l’ultimo pettegolezzo sulla famiglia reale britannica? e quanto conta il supporto, carta o schermo?), c’è da sperare che la lieta novella si diffonda presto. Altre statistiche, più crudeli, indicano infatti che la propensione a leggere libri è in calo dappertutto. E l’Italia non fa eccezione: secondo le cifre Istat, i lettori (cioè «le persone di oltre sei anni che dichiarano di avere letto nell’ultimo anno almeno un libro per motivi non strettamente scolastici o professionali») erano il 41,4% nel 2020, il 40,8% nel 2021 e il 39,3% nel 2022.

Eppure, c’è chi crede nel futuro della lettura anche senza avere letto la ricerca voluta da Queen Camilla: lo provano le tante nuove case editrici, anche italiane, che non temono di affrontare un mercato appassionante ma turbolento. Fra le ultime arrivate in campo internazionale vale la pena di prestare attenzione a Rossum Press, non tanto per l’unico titolo finora pubblicato – The Club of True Creators del serbo Milan Tripkovic, «un romanzetto divertente, anche se le varie trame e i personaggi principali potrebbero essere messi meglio a fuoco», scrive Michael M. Orthofer su Literary Saloon – quanto per un paio di caratteristiche, diciamo così, innovative. In primo luogo, la nuova sigla – recita il comunicato stampa di lancio – «intende offrire un trattamento equo a tutti i suoi interlocutori, lettori inclusi» e propone «un abbonamento a pagamento, che fornisce ai membri un ruolo consultivo nella gestione della casa editrice, oltre all’accesso ai nuovi titoli prima dell’uscita».

E poi, o soprattutto, Rossum Press (si presume costola di Rossum.ai, «piattaforma per l’automazione dei documenti commerciali») abolisce i traduttori, così come li conosciamo: «Usando un sistema di traduzione assistita, i nostri qualificati redattori sono in grado di creare traduzioni letterarie di alta qualità con una frazione delle risorse richieste dai metodi tradizionali. Ogni parola della bozza di traduzione generata dall’intelligenza artificiale viene attentamente valutata da uno specialista della lingua di destinazione, e lavoriamo a stretto contatto con i nostri autori in ogni fase del processo».

A tradurre, insomma, è la macchina e gli umani correggono. In questo caso il risultato, dice Orthofer, non è peggio di tante versioni tradizionali, ma in campo editoriale il tema della traduzione assistita è al centro di un dibattito prevedibilmente accesissimo. Ci ritorneremo.