“Ferma il riarmo!”, lanciata la nuova mobilitazione contro le spese militari
Lettere Campagna per la riduzione delle spese militari a favore della salute, dell’istruzione, dell’ambiente, della solidarietà e della pace
Presentata oggi a Roma in una Conferenza Stampa alla Camera dei Deputati la nuova campagna collettiva per la riduzione delle spese militari e lo spostamento delle risorse così risparmiate su investimenti più utili a favore di salute, istruzione, ambiente, solidarietà e pace.
L’iniziativa promossa da Fondazione PerugiAssisi per la Cultura della Pace, Greenpeace Italia, Rete Italiana Pace e Disarmo e Sbilanciamoci! intende rimettere al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica italiana le spropositate spese per strutture militari ed armamenti nel nostro Paese. Vogliamo svelare alle cittadine e ai cittadini italiani – con analisi e strumenti informativi – le cifre enormi di questo “furto di futuro”, con i suoi impatti negativi ed evidenziando quanto, con questi soldi, si potrebbe realizzare in termini di spesa sociale, di pace e di sviluppo del Paese.
Le proposte della Campagna sono chiare e prendono avvio dalle analisi, gli approfondimenti, le azioni già condotte in questi anni dalle organizzazioni promotrici:
- ridurre la spesa militare a livello nazionale e globale, con creazione di nuovi percorsi di disarmo;
- utilizzare le risorse liberate dalla spesa militare per spese sociali, ambientali e per il rafforzamento degli strumenti di pace;
- tassare gli extra profitti dell’industria militare;
- diminuire i fondi destinati alle missioni militari all’estero;
- aumentare controlli su influenza indebita dell’industria militare su bilancio ed export militare.
IL MANIFESTO DELLA CAMPAGNA “FERMA IL RIARMO!”
Come facciamo a difendere il nostro diritto alla salute, a salvare il nostro sistema sanitario, ad affrontare le emergenze climatiche e i disastri ambientali, a investire sui giovani, sulla scuola e sul diritto ad un lavoro dignitoso, a contrastare la povertà e le disuguaglianze sociali che stanno esplodendo, a sviluppare la solidarietà e la cooperazione internazionale se non riduciamo le spese militari?
La risposta è evidente. Eppure alcune lobby politico-mediatiche, militari e industriali vorrebbero continuare ad aumentare le spese per le armi e gli eserciti, togliendo altre preziose risorse alla cura dei nostri bisogni vitali. Una autentica follia! Mentre le sanguinose guerre in corso e la totale assenza di politiche di pace ci stanno impoverendo a vista d’occhio, mentre si sta distruggendo il tessuto produttivo italiano ed europeo aumentando la disoccupazione, il lavoro povero, precario e sfruttato, i signori della guerra e i mercanti d’armi vogliono alimentare la più pericolosa corsa al riarmo della storia.
Aiutaci a fermarli!
«La militarizzazione del pensiero, del linguaggio, delle politiche in corso negli ultimi anni sta portando ad un aumento folle e pericoloso delle spese militari (in particolare per nuovi sistemi d’arma): lo certifichiamo da tempo e da tempo chiediamo una inversione di rotta. Queste scelte di investimento armato non portano maggiore sicurezza ma solo più affari per il complesso militare-industriale-finanziario. Con questa campagna non solo vogliamo rendere evidente la posizione della maggioranza dell’opinione pubblica, ma domandiamo alla politica una presa di responsabilità: gli interessi di chi vuole davvero fare? Vogliamo una riduzione delle spese militari italiane così come chiediamo, nell’ambito di diverse Campagne internazionali, la riduzione di quelle globali e la Convocazione di una nuova Conferenza ONU per il Disarmo» è il commento di Francesco Vignarca, Coordinatore Campagne della Rete Italiana Pace Disarmo
«Greenpeace è tra i promotori di questa nuova campagna perché siamo convinti che l’aumento della spesa militare sia la risposta sbagliata: più armi non significano maggiore sicurezza. Anzi, la corsa al riarmo sta trascinando il mondo in una spirale di guerre fuori controllo», dice Sofia Basso, Research Campaigner Pace e Disarmo di Greenpeace Italia. «Chiediamo un taglio netto delle spese militari che stanno sottraendo risorse alle vere priorità del Paese e una tassa sugli extra profitti dell’industria bellica, perché mentre i conflitti in Ucraina e in Medio Oriente continuano a fare stragi di civili, mentre in Italia e nel mondo aumentano le disuguaglianze e gli effetti della crisi climatica, il settore delle armi sta incassando profitti record. È inaccettabile che si continui a finanziare la guerra mentre il mondo brucia e milioni di persone lottano per la sopravvivenza».
«Cura, non bombe. Di questo abbiamo bisogno. Di fronte alle guerre e alle gravissime crisi globali che incombono, ogni parlamentare è chiamato a scegliere se investire sulla corsa al riarmo o sulla sicurezza delle persone che stanno subendo un continuo peggioramento delle condizioni di vita. Ciascuno si assuma la responsabilità di fare la pace ovvero: aiutare chi non ce la fa, soccorrere chi è in difficoltà, proteggere chi è minacciato, nutrire chi è affamato e assetato, curare chi è ammalato, sostenere chi è fragile, ridurre le disuguaglianze, preservare i beni comuni, salvare la nostra umanità e il nostro pianeta» evidenzia Flavio Lotti, Presidente della Fondazione PerugiAssisi
«Ben 4 milioni di italiani non si curano più per mancanza di soldi, circa 9000 scuole sono a rischio crolli, l’Emilia Romagna è sotto l’acqua dopo l’ennesima alluvione: queste sono le priorità dove mettere le risorse, non le armi da guerra» sottolinea Giulio Marcon, Portavoce di Sbilanciamoci!
L’URGENZA DI QUESTA AZIONE
La spesa militare globale è in crescita da oltre due decenni, come dimostrano tutti i dati internazionali più attendibili: una tendenza ulteriormente rafforzata negli ultimi due anni e mezzo a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina e della ripresa di retoriche e politiche sempre più allineate alle richieste del comparto militare-industriale-finanziario.
Ciò che prima veniva deciso in termini meno dispendiosi, ma con opacità e reticenze, oggi viene rivendicato: da qui la crescita enorme delle risorse che gli Stati mettono a disposizione del comparto militare, in particolare per quanto riguarda la produzione e il commercio di nuovi sistemi d’arma.
Contemporaneamente, l’opposizione alle spese militari rimane uno dei punti qualificanti dell’azione del variegato movimento pacifista, nonviolento e per la giustizia sociale, trovando sempre un buon riscontro sia degli attivisti che nell’opinione pubblica in generale (come dimostrano anche diversi sondaggi d’opinione). Per tale motivo pensiamo sia venuto il momento di rilanciare una mobilitazione collettiva forte contro le spese militari, con nuovi strumenti e nuova capacità di attivazione. Senza partire da zero, ma anzi rafforzando tendenze e collaborazioni già presenti per essere sempre più incisivi grazie a una nuova “campagna/mobilitazione” che vuole rimettere in fila quanto già fatto, riprendendo e rilanciando i punti e ragionamenti “chiave” già sviluppati per dimostrare che l’aumento della spesa militare (sia in termini quantitativi che qualitativi) è una minaccia per il futuro di tutti, oltre a costituire un “gap democratico” rispetto al volere della maggioranza dell’opinione pubblica.
E’ tempo di intervenire, tutte e tutti, sulla politica, sui media, sulla nostra stessa società, per stimolare una riflessione su queste nostre proposte di alternativa alle spese militari, e su cosa davvero sia necessario per ridurre l’insicurezza armata globale e ridare fiducia nel futuro, in particolare alle nuove generazioni.