Editoriale

Lettera della ministra Mogherini, in risposta ad Afgana

Afghanistan Lettera al manifesto

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 7 giugno 2014

Il 2014 sarà un anno cruciale per la transizione in Afghanistan, sia dal punto di vista politico sia da quello della gestione della sicurezza. E invece rischiamo di fare l’errore di pensare che con la fine di Isaf non sarà più necessario occuparsi di quel paese, delle sue contraddizioni e della sua faticosa ricerca di democrazia, pace, diritti. Per questo rispondo con piacere agli amici di Afgana, con i quali ho avuto occasione di collaborare in passato e che ringrazio per il sostegno dato in questi anni alla società civile dell’Afghanistan.

Mi si chiede dunque quale sia la strategia del governo per il dopo Isaf. Prima di tutto credo sia fondamentale mantenere l’impegno, preso con la comunità internazionale ma innanzitutto con la società civile afghana, di «non abbandonare» l’Afghanistan con la fine di Isaf. Però bisogna cambiare prospettiva: ogni passo dovrà essere deciso, attuato su richiesta degli afghani e con loro. Così progetteremo il nostro sostegno alle istituzioni e alla società civile, e alle forze di sicurezza afghane, con una residua presenza militare condizionata quindi a una richiesta di Kabul e limitata, eventualmente, solo a funzioni di formazione e assistenza.

La strada che abbiamo intenzione di seguire è esattamente quella indicata da Afgana. Sono convinta, d’altra parte, che questo debba essere il tratto distintivo della nostra politica estera in tutte le aree di crisi e di transizione, dall’Ucraina alla Libia. Per rendere concreti questi impegni, appena ci saranno un nuovo presidente e un nuovo governo insediato andrò a Kabul per presiedere, assieme al ministro degli Esteri afghano, la prima riunione della Commissione congiunta prevista dall’accordo bilaterale di partenariato e impostare insieme un lavoro comune.

Il sostegno alla società civile, su cui già si è molto lavorato, diventerà l’asse portante del nostro impegno così che dialogo e riconciliazione da un lato e tutela della libertà e dei diritti di tutti dall’altro possano poggiare su un terreno solido, pronto, su forme di partecipazione reale e diffusa. Manterremo e rafforzeremo quindi l’impegno della Cooperazione allo Sviluppo, con iniziative dirette e con il finanziamento a ong e spero che insieme al Parlamento potremo aumentare le risorse e renderle stabili. Sappiamo bene che serve però anche un serio sostegno internazionale.

Con l’Ue si sta lavorando a un piano strategico, per il biennio 2014-2016, e nel nostro semestre di presidenza Ue lavoreremo all’attuazione. Infine sappiamo di doverci concentrare sia sulla riconciliazione interna, con il coinvolgimento politico di tutte le parti, sulla più ampia dimensione regionale e a fine agosto l’Italia parteciperà in Cina, alla riunione del processo di Istanbul. La comunità internazionale ha il dovere, e l’interesse, di continuare a occuparsi dell’Afghanistan e di farlo in modo nuovo, sostenendo un processo di transizione che deve esseee prima di tutto in mano agli afghani.

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