Editoriale

Letta taglia, ma non sprechi e corruzione

Letta taglia, ma non sprechi e corruzione

Sanità La grande mangiatoia che il Def non vede. La spesa sanitaria bloccata al 7,1% del Pil fino al 2014 e poi in calo fino al 6,/% nel 2017. Il governo Letta taglia, ridimensiona l’universalismo, ma non tocca l’enorme budget di 10 miliardi che alimenta sprechi e corruzione

Pubblicato circa 11 anni faEdizione del 24 settembre 2013

Arriva la bestia nera della selettività, sparisce il malato che ha diritto e compare quello che ha «effettivamente bisogno». Il governo Letta, ma c’era da aspettarselo ridimensiona l’universalismo. Con le larghe intese va in scena dopo 35 anni di sanità pubblica, la regola di «non si può dare tutto a tutti» cioè la vera controriforma. Una desolante imbecillità politica, come dicono le cifre della crisi: spesa sanitaria bloccata al 7,1% del Pil fino al 2014 e poi in calo fino al 6,7% nel 2017.

Con le larghe intese il definanziamento della sanità pubblica continua ma con in più la riduzione delle tutele. Le tappe successive saranno fondi integrativi, mutue e assicurazioni e le cure così diventeranno funzione del reddito. Lo prevede il Def appena approvato dal governo. A questo punto mi chiedo cosa farà il Pd da sempre il paladino dell’universalismo e a che serve fare un patto per la salute tra regioni e governo dal momento che ormai è tutto deciso.

Dalle Regioni che fino ad oggi hanno straparlato di universalismo come valore irrinunciabile minacciando di fronte a nuovi tagli di non firmare nessun accordo con il governo, servirebbe un sussulto di dignità. E dal Pd quanto meno una manifestazione di civile disobbedienza. Comprendo che è oggettivamente improbabile con un Pil che cala più del previsto e con le difficoltà finanziarie legate a Imu e Iva, e con quel 3% invalicabile,trovare altri soldi per la sanità, ma le strade che il Def vuole imboccare ci porteranno ad una tragedia sociale.

Né al governo, né al Pd e meno che mai alle Regioni viene in mente che una soluzione alternativa potrebbe essere quella di trovare i soldi dove sono i soldi. E in sanità complessivamente i soldi non sono pochi. 110 miliardi di fondo sanitario sono sempre 110 miliardi. L’indagine appena resa nota di Transparency International Italia, in collaborazione con Rissc e Ispe-Sanità ci dice che la nostra sanità è la più grande “mangiatoia” del paese, per citare il titolo del libro inchiesta appena uscito di Bocci e Tonacci e quello di Daniela Francese “Sanità Spa” .Ma che la sanità fosse una mangiatoia e una Spa ce lo aveva ripetutamente detto già la Corte dei Conti. Il Def sulla corruzione non dice praticamente niente. E’ vero che è difficile calcolare esattamente il suo costo, ma è sicuro che anche le stime più caute vanno ben oltre i valori di definanziamento previsti dal governo Letta. Oltre ai costi della corruzione si devono aggiungere le diseconomie e le antieconomie cioè i servizi inutili, i doppioni, gli sprechi, i primari di partito, le organizzazioni del lavoro regressive, e da ultimo i costi assurdi come “la medicina difensiva”, cioè gli operatori che per difendersi dal rischio professionale, ci costano, dicono le stime, ben 10 miliardi di euro. Per cui penso che a fronte di questa “ricchezza negativa” di cui le Regioni e le aziende, da loro nominate, sono direttamente responsabili, sia possibile rifinanziare e migliorare il sistema senza prendersela né con i diritti e né con l’universalismo quindi con la povera gente.

Questo Def sulla sanità è il prodotto di una doppia incapacità riformatrice: quella del governo che difronte a quella delle regioni, taglia corto e ridiscute i diritti. Una logica semplicemente cinica: il governo, in sanità, presume e non a torto che vi siano tante risorse da liberare, ma dimentica che per liberarle sono necessari cambiamenti profondi, addirittura riforme, che sino ad ora le Regioni hanno dimostrato di non saper adottare perché non hanno uno straccio di stategia. Sono anni che tirano a campare con politiche marginaliste senza rendersi conto della loro drammatica insufficienza.

Oggi il Def, a sua volta senza idee, addirittura ripropone queste politiche, ma sapendo che sono armi spuntate, decide di cautelarsi mettendo mano alla controriforma. Come andrà a finire se non si raddrizza il tiro? La sanità sarà ulteriormente definanziata, non si riuscirà a liberare le risorse liberabili, e la corruzione,le diseconomie e le antieconomie, continueranno imperturbabili ad essere finanziate con meno diritti.

Supponendo un residuo di dignità istituzionale, difronte a questo Def le Regioni dovrebbero andare dal Presidente della Repubblica a restituire il mandato sulla sanità per tre fondamentali motivi: 1)Il Def dà un colpo mortale alle loro titolarità in materia sanitaria, quindi apre surrettiziamente una grave questione istituzionale contro riformando di fatto il Titolo V della costituzione. 2)Per dare una disponibilità al paese per un rinnovamento morale. 3)Per trovare un equilibrio tra le necessità finanziarie impellenti del sistema e un progetto che inizi sul serio a riformarlo.

L’accordo va trovato non sul rifinanziamento dell’invarianza come sino ad ora è stato fatto con i “patti per la salute”, ma sulla riformabilità del sistema cioè proponendo un progetto di cambiamento vero sul terreno della governance, della moralità pubblica, del sistema dei servizi e del lavoro in questi servizi. Se le Regioni bevono il Def addio universalismo ma anche addio Regioni…dal momento che senza diritti non ci sarebbero più motivi per lasciare loro i poteri per tutelarli.

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