Letta scommette su se stesso: resterà il Rosatellum
Legge elettorale Il segretario Pd da «è troppo presto per parlarne» a «questo parlamento non ci può più riuscire». Tra le ragioni la convenienza delle liste bloccate con la riduzione dei parlamentari e la fiducia nel maggioritario. Ma la più felice è Meloni, che ringrazia
Legge elettorale Il segretario Pd da «è troppo presto per parlarne» a «questo parlamento non ci può più riuscire». Tra le ragioni la convenienza delle liste bloccate con la riduzione dei parlamentari e la fiducia nel maggioritario. Ma la più felice è Meloni, che ringrazia
Enrico Letta fa una previsione, anzi una scommessa: «Scommetto che rimane l’attuale legge elettorale». Dice il segretario Pd che «se potessi farei dei cambiamenti, a me questa legge non piace» ma «questo parlamento ha difficoltà a trovare intese».
È lo stesso Enrico Letta per cui la nuova legge elettorale non era «all’ordine del giorno» prima dell’estate, né dopo l’estate perché «non vorrei che queste questioni di là da venire finissero per prosciugare tutte le nostre energie». C’è stato un tempo in cui di legge elettorale non si doveva discutere perché bisognava aspettare le amministrative, c’è questo tempo in cui bisogna aspettare l’elezione del presidente della Repubblica e già si vede il tempo in cui sarà troppo tardi. Perché ci sono scommesse che si possono vincere facile, quando si è sia scommettitore che giocatore. Lo riconosce subito Giorgia Meloni, il siparietto tra lei e Letta è avvenuto nella sede a pensarci più adatta: la presentazione del libro di Bruno Vespa. «Avere ancora questa legge elettorale è una notizia migliore del ritorno al proporzionale», dice la presidente di Fratelli d’Italia che con l’attuale legge elettorale e gli attuali sondaggi raggiungerebbe, con Salvini, la maggioranza assoluta del nuovo parlamento (quello con meno deputati e meno senatori). Per cui, riconosce Meloni, «confido in Letta».
Il proporzionale con sbarramento al 5% è ancora la proposta (nota come testo Brescia, dal nome del presidente della prima commissione della camera) attorno alla quale si era ritrovata la maggioranza giallo-rossa prima della crisi del Conte due. Era il contraltare chiesto da Pd e Leu ai 5 Stelle in cambio del sì al taglio dei parlamentari. Serviva a riequilibrare almeno un po’ il sacrificio di rappresentatività prodotto dal taglio delle due camere. Ma quella proposta di legge pare sepolta. Letta è notoriamente per il maggioritario, secondo la vecchia linea ulivista per cui la legge elettorale può creare il bipolarismo anche quando il bipolarismo non c’è. Il Rosatellum in vigore, voluto bisogna ricordare soprattutto dal Pd, anche se era un Pd ancora renziano, è una legge a forte effetto maggioritario. Che ha soprattutto un merito agli occhi dei leader di partito: le liste bloccate. Quelle che nelle dichiarazioni tutti vorrebbero superare, ma che sono oltremodo utili a un segretario che deve fare le liste e può così scegliersi i deputati e i senatori. Soprattutto quando questi diminuiscono improvvisamente, come nel prossimo parlamento.
Nel frattempo ieri è fugacemente riapparsa una delle riforme collegate al taglio dei parlamentari, quella che punta(va) a ridurre da 3 a 2 i delegati che le regioni mandano a Roma per eleggere il presidente della Repubblica. Il relatore e primo firmatario della proposta, Fornaro capogruppo di Leu alla camera, per superare il blocco leghista ha proposto di mantenere i 3 delegati, e il dovere di non escludere le minoranze, ma di assegnare d’ufficio il terzo posto al sindaco del capoluogo di regione. Soluzione ultimamente di moda. Ma, dalle prime reazioni, ugualmente poco gradita al centrodestra che tra i sindaci delle grandi città è minoranza.
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