Con una lettera agli iscritti e ai dirigenti del Partito democratico, Enrico Letta disegna il percorso che dovrà condurre all’elezione del suo successore e che esporrà con maggiori dettagli nel corso della direzione del partito convocata per giovedì prossimo. Propone un congresso in quattro fasi, che dall’inizio tenterà di coinvolgere anche i non iscritti nello spirito delle Agorà Democratiche, gli incontri tematici che hanno segnato la sua segreteria e che hanno tentato di aprire il partito alla società civile e alle forze che se ne erano allontanate negli anni precedenti. «Tutto può svolgersi a regole vigenti – sostiene Letta – E quindi può iniziare rapidamente. È un percorso aperto che può e deve coinvolgere, oltreché i nostri mondi di riferimento, anche il paese, dimostrando a tutti la forza e l’utilità di un partito-comunità, contrapposto ai tanti partiti personali che abitano la nostra scena politica».

LA PRIMA FASE, definita «della chiamata», durerà alcune settimane impiegate ad aprire alla partecipazione. Un itinerario che il segretario chiama senza mezzi termini «costituente». «Contenuti forti e volti nuovi sono entrambi necessari – scrive Letta – Gli uni senza gli altri rischiano di trasformare il Congresso in un casting e in una messa in scena staccata dalla realtà e lontana dalle persone. La seconda fase, altrimenti detta «dei nodi», sarà caratterizzata dalla discussione di tutte le questioni che riguardano il partito. «Quando dico tutte, intendo proprio tutte – precisa – L’identità, il profilo programmatico, il nome, il simbolo, le alleanze, l’organizzazione. E quando parlo di dibattito profondo e aperto, mi riferisco al lavoro nei circoli, ma anche a percorsi di partecipazione sperimentati con successo con le Agorà democratiche». Dunque, anche il nome e il simbolo sono passibili di modifica.

POI ARRIVERÀ il momento in cui verranno presentate le candidature, la terza fase. Ci sarà, prosegue il segretario uscente, «un confronto e una selezione per arrivare a due candidature tra tutte, da sottoporre poi al giudizio degli elettori». Infine, la quarta fase che coinvolgerà le due candidature rimaste in campo: le primarie vere e proprie. «Saranno i cittadini a indicare e legittimare la nuova leadership attraverso il voto», annuncia.

IL MESSAGGIO di Letta viene salutato con soddisfazione da molti esponenti dem, tra di essi anche alcuni aspiranti alla segreteria come il sindaco di Pesaro Matteo Ricci. «Molto bene il percorso congressuale indicato da Letta – dice tra gli altri Goffredo Bettini – Aperta discussione su di noi e su tutte le possibili strade in grado di farci uscire da questa difficile situazione. Partecipazione e democrazia. Alla fine, competizione tra i leader». Gli ex renziani di Base riformista accettano ma chiedono «tempi sicuri». Annunciato il suo voto contrario in direzione, invece, Monica Cirinnà, secondo la quale la proposta ha il vizio di non fare autocritica e di non affrontare le cause della sconfitta uscita dalle urne. «Dobbiamo lavorare affinché sia promosso un processo dal basso in maniera partecipata» dice Andrea Orlando. E uno dei nodi della discussione è in che modo questa apertura (che ad esempio dovrebbe coinvolgere la non iscritta Elly Schlein) sia compatibile «a regole vigenti», come assicurato da Letta.

L’INIZIATIVA arriva mentre lo spazio politico dell’ex campo largo e della sinistra parlamentare è in evoluzione. Con un appello diffuso ieri dalle pagine del Fatto, venti personalità tra le quali Rosy Bindi e Domenico De Masi e Tomaso Montanari (intellettuali di sinistra ma che negli ultimi tempi hanno sostenuto in varie forme il M5S) propongono agli ex alleati di «essere tutti pronti a mettersi a disposizione, fino allo scioglimento dell’esistente, per costruire un campo progressista coinvolgendo quelle realtà sociali che già interpretano il cambiamento e non trovano rappresentanza politica». In particolare, il documento chiede ai 5 Stelle di schierarsi una volta per tutte e chiaramente a sinistra, e al Pd di «trovare coraggio di ripensare profondamente sé stesso e di andare finalmente oltre sé stesso». Più esplicitamente, Bindi pronuncia la parola che rischia di aleggiare sul percorso congressuale disegnato da Letta e incombere sui rapporti a sinistra: parla di scioglimento del Pd: «La ritualità del congresso è ormai accanimento terapeutico».