Alias

L’eterna bellezza di Mingus

Jazz Track Non è passato inosservato il centenario della nascita Charles Mingus, uno dei più geniali e stimolanti musicisti della storia del Jazz. Dopo l’ottimo Charlie’s Blue Skylight (Dodicilune) del duo Roberto […]

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 19 novembre 2022

Non è passato inosservato il centenario della nascita Charles Mingus, uno dei più geniali e stimolanti musicisti della storia del Jazz. Dopo l’ottimo Charlie’s Blue Skylight (Dodicilune) del duo Roberto Ottaviano e Alexander Hawkins arriva adesso Mingus Fingers (Artesuono) di un altro duo con il sassofonista Daniele D’Agaro e il contrabbassista Alessandro Turchet. Parecchi anni separano i due musicisti ma si sa che nel jazz la relazione intergenerazionale non è un incidente ma uno degli assi portanti della sua estetica. Non a caso Mingus omaggiava spesso i maestri come Duke Ellington, Jelly Roll Morton e Louis Armstrong. La dimensione del duo favorisce naturalmente l’enfatizzazione delle melodie mingusiane, qui scolpite in tutta la loro eterna bellezza da Self Portrait in Three Colors a Diane. D’Agaro alterna tre clarinetti e quattro sassofoni e, in funzione coloristica, piccole percussioni. Sentirlo è come immergersi nelle acque dell’eterno fiume del jazz, dove la memoria del passato si fonde con l’ansia di futuro, lezione delle buone avanguardie a cui il musicista friulano si è abbeverato direttamente alla fonte frequentando e suonando con Misha Mengelberg, Han Bennink, Alexander von Schlippenbach. Altro percorso quello di Turchet che qui offre una prova di maturità che lo proietta nel novero dei migliori contrabbassisti del jazz contemporaneo. Preciso e intenso nel pizzicato, quando usa l’archetto è in grado di incantare per intonazione, senso del tempo e creatività. Un disco prezioso con una unica pecca: l’omissione della durata dei brani, inutile vezzo che sarebbe il caso di abbandonare. Un altro notevole omaggio a Mingus è Viceversa. The music of Charles Mingus (Slou/Controtempo) registrato da un quintetto riunito dal contrabbassista Giovanni Maier con Flavio Davanzo, tromba, e tre suoi allievi al Conservatorio Tartini di Trieste: Riccardo Pitacco, trombone, Gabriele De Leporini, chitarra elettrica, Francesco Vattovaz, batteria. Una rilettura pertinente ma non didascalica e in un paio di casi con diversi brani cuciti insieme in forma di suite come Slippers/Nouroog ricca di ampi spazi di improvvisazione solistiche di pregio e creative interazioni tra i musicisti. Un Mingus contemporaneo, non solo musicalmente, come testimonia il blues Oh, Lord Please Don’t Let Them that Atomic Bomb on Me, monito pacifista ancora oggi attuale.

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.



I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento