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L’estetica sgargiante di Rune Naito

L’estetica sgargiante di Rune Naito

Maboroshi L’aggettivo kawaii è diventato nel corso di questi ultimi decenni un termine abbastanza conosciuto anche al di fuori dell’arcipelago nipponico

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 3 gennaio 2020

L’aggettivo kawaii è diventato nel corso di questi ultimi decenni un termine abbastanza conosciuto anche al di fuori dell’arcipelago nipponico, specialmente negli ambiti accademici. Se la diffusione del termine, che può essere tradotto con carino, ma che ha in realtà risonanze più ampie, è appunto recente, almeno a livello internazionale, la nascita dell’estetica che si è soliti associare alla parola, può essere rintracciata in alcune correnti culturali attive negli anni sessanta del secolo scorso. È durante questo periodo infatti che il lavoro dell’illustratore, designer ed artista Rune Naito comincia ad imporsi e ad essere riconosciuto per la sua originalità, specialmente presso un pubblico di lettori giovani.
Naito, nato nel 1932 nella prefettura di Aichi, dapprima lavora come illustratore per la rivista per ragazze Himawari, ma è con il passaggio ad un altro magazine femminile, Junior Soleil, che il giapponese di fatto rivoluziona il mondo dell’illustrazione nipponica. Le ragazze e figure femminili da lui create per queste riviste non rientrano nello stile e nelle forme che fino al quel periodo popolavano la carta stampata del Sol Levante. Alle figure semplici e dal tratto più naturalista dei suoi predecessori, Naito sostituisce dei personaggi caratterizzati da colori più sgargianti e dall’aspetto quasi caricaturale nella loro allegrezza e gioia di vivere.

INFLUENZATO dalla pop culture d’oltreoceano di certo, ma anche dalla produzione di casa, dove la cultura di massa stava andando incontro ad un periodo di grossi cambiamenti. Grazie al successo come illustratore per Junior Soleil, Naito comincia anche e creare dei veri e propri personaggi, il più famoso dei quali rimane ancora oggi Rune no panda, il panda di Rune, realizzato in occasione dell’arrivo del primo esemplare dell’animale nello zoo di Ueno a Tokyo nel 1972. Per quanto potrebbe sembrare un fatto di poca importanza, la creazione di questo personaggio contribuì a lanciare l’abitudine, e di lì a pochi decenni la mania, di creare delle mascotte per qualsiasi cosa, che sia un nuovo prodotto da lanciare sul mercato, una città da rappresentare o un nuovo evento da far arrivare al numero più ampio possibile di persone.
Alla carriera di Naito, scomparso nel 2007, Okazaki, la sua cittadina natale, ha organizzato una mostra tutt’ora in corso, notevole e degna di interesse per quanto scritto, ma anche per un ulteriore ed importante motivo.

NON MOLTO DISCUSSO in Giappone, se non in circoli ristretti, è il fatto che Naito abbia contribuito fin dal suo lancio nelle edicole nel 1971, a Barazoku, quello che è stato fino alla sua chiusura nel 2004, il principale mensile pensato e dedicato ad un pubblico omosessuale.
La mostra in questione ha una sua sezione dedicata al lavoro di Naito per questa pubblicazione, impegno che condivise con l’illustratore Ryu Fujita, colui che fu anche il compagno per quasi tutta la sua vita, fin dall’incontro durante il loro periodo alla rivista Himawari. I due non solo abitarono insieme ma fondarono anche la compagnia Lune, attraverso la quale produssero illustrazioni, ma anche bambole, e design per una serie infinita di oggettistica. In questo senso il percorso organizzato al museo di Okazaki mostra questa parte finora meno pubblicizzata della sua opera artistica ed umana, il contributo di Naito verso la cultura queer e le minoranze sessuali in Giappone, specialmente grazie alla sua produzione visiva, non può essere sottovalutata ed anzi dovrebbe essere (ri)scoperta.

matteo.boscarol@gmail.com

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