Non si era ancora finito di recarsi alle urne che lei, la ancora vincitrice in pectore, postava su TikTok un video che invitava ad andare a votare e così composto: inquadratura a tutto busto, leggermente presa dall’alto, la candidata in maglietta bianca e occhiali a mo’ di cerchietto e poi… e poi due grossi meloni, uno per mano, tenuti ben alti davanti alle tette mentre lei, colei che molto probabilmente guiderà il prossimo governo italiano, dice: «25 settembre. Ho detto tutto» e fa l’occhiolino, sempre tenendo i due meloni bene in vista davanti alle tette. Quando gli ho mostrato tale finezza, il gentile signore con cui convivo ha sbalordito e mi ha chiesto: «Ma tu, come donna, che cosa pensi di una cosa così?». Già, che cosa penso, che cosa pensiamo, noi donne, di un’altra donna che ammicca in modo così doppio sensista all’elettorato?
Al di là del credo politico, c’è tutta un’estetica da perlustrare. Troppo facile, troppo scontato dire che quei due meloni evocano il suo cognome, che in quel video non poteva dire perché si era in silenzio elettorale. Se una si mette due frutti così proprio davanti alle tette, il rimando alle parti anatomiche è immediato, e mica solo a quelle femminili, perché quando si parte con le allusioni, è un attimo fare i collegamenti, magari con altre forme sferiche che possiedono gli uomini, dalle parti dell’inguine.

Ecco che cosa ho pensato: mi sono cadute le braccia, che non è un’attività cerebrale, ma un moto istintivo di estremo sconforto, perché lì, in quella scena, c’era la conferma di come l’estetica, in quanto postura dell’insieme, sia importante, perché manda messaggi, indica un modo di porsi, crea un modello, soprattutto per le altre donne e le ragazze, visto che lei è una donna.
Di per sé tenere due meloni in mano, se ci si chiama Meloni di cognome, può essere prevedibile, didascalico, ma non disdicevole. Diciamo che è un’allusione infantile e neanche tanto raffinata, aspetto che a lei probabilmente non interessa. È tutto il contorno che fa la differenza. Avrebbe potuto tenerli sotto le braccia, metterseli davanti ai piedi, appoggiarcisi sopra coi gomiti, i meloni, e invece no, se li piazza davanti alle tette, e poi ammicca, fa l’occhiolino, neanche recitasse in un film porno, proprio lei, che non ha mai usato la seduzione per farsi strada, anzi mette su spesso e volentieri un’espressione corrusca e a mascelle serrate.

Qual è il messaggio subliminale di quel video? Chi è davvero Giorgia Meloni? C’è un altro indizio. I braccialetti. In molte foto indossa a destra bracciali grossi, alti, spessi, armati, da combattente, mentre a sinistra, accanto a un vistoso orologio da uomo, tiene cordoncini tricolore o cose un po’ da bambina, magari con le perline che però hanno le lettere del suo nome. Giorgia, sempre Giorgia, Io sono Giorgia, come ben dichiarava la sua autobiografia, una reiterazione ad autonominarsi, a mettersi in evidenza, non con tacchi o scollature, ma con colori vistosi, con i capelli che negli anni sono passati dal castano al biondo, perché bisognava difendersi ed emergere e farsi notare, fra tutti quei maschi in felpa o cravatta.
E quindi ecco spiegati i meloni. Mica alludevano alle tette o al suo cognome, ma a quegli attributi maschili che, in un mondo popolato dal patriarcato, apprezza una donna solo se ha le palle, magari quadrate, ovvero se li emula e si fa vedere più dura di loro. E se questo è il modello femminile al quale dovremmo guardare come a una conquista, scusate, ma non mi cascano solo le braccia, mi accascio proprio. Poi mi alzo, chiamo le amiche e dico: Viva la differenza.

mariangela.mianiti@gmail.com