«L’Asinara era un posto con poca gente ma tante storie». Ci sono, nei romanzi, alcune frasi chiave, come questa che estratta da I fuggitivi di Marco Dell’Omo (Nutrimenti, pp. 320, euro 20). Questo libro, infatti, è una storia vera. Più precisamente, è davvero una storia. Non è un esercizio di stile, un pretesto per crogiolarsi in un contesto prediletto, per maneggiare un registro appreso. È un racconto ben congegnato con tanto di colpi di scena, rimandi letterari e dispositivi originali possibili grazie a una scrittura scrupolosa e funzionale che, azzardo, potrebbe essere la combinazione di una profonda passione per la letteratura e una palestra di scrittura come quella del giornalismo di agenzia che deve rifuggire tanto dagli orpelli retorici quanto dalla banalità delle frasi fatte. Dell’Omo, infatti, aquilano trapiantato a Roma, classe ’58, è stato giornalista all’Ansa. Per trent’anni, dall’agonia della prima repubblica in poi, ha seguito la politica italiana.

NEL FRATTEMPO ha firmato documentari per Rai e Sky su Mariangela Melato, Oriana Fallaci, sui presidenti della Repubblica e sulla storia di Radio Radicale, sperimentandosi sui canoni della docufiction. Prima e dopo ha scritto di alpinismo e, ancora, ha raccontato l’avventura di giovanissimi partigiani sul Gran Sasso e del loro immaginario forgiato dai fumetti americani proibiti dal regime (La Banda Gordon, Nutrimenti, 2020).
La premessa è utile in quanto vorrebbe sottolineare la vocazione dell’autore a padroneggiare più di un linguaggio letterario per intrecciare storia e finzione.
Dentro I fuggitivi c’è innanzitutto il lessico familiare rivelato da Matteo, dieci anni e un’intelligenza brillante. È il figlio del funzionario del Viminale spedito all’Asinara a dirigere la colonia penale agricola in cui l’Italia del dopoguerra provava a riformare la concezione della pena. Il suo anno nell’isola sarda coincide con il periodo della vita in cui si compie la scoperta del mondo esterno nella dialettica tra introspezione, esplorazione e relazione col gruppo dei pari che, per Matteo, si riduce all’amicizia con Vincenzo, coetaneo approdato all’Asinara al seguito dei pescatori di aragoste ponzesi. La loro amicizia fornisce all’autore la possibilità di osservare gli eventi della trama con gli occhiali del romanzo d’avventura, con tanto di mappa del tesoro, piccoli gesti d’ardimento fino alla presa di coscienza, dolorosa, dell’invalicabilità delle differenze di classe e le mistificazioni del mondo degli adulti.

L’ADOLESCENZA, almeno nella seconda metà del Novecento, è stata per alcune generazioni il momento in cui si rivelava tutto il portato violento delle disuguaglianze e delle ipocrisie per mascherarle. Perciò è Matteo il supertestimone di questa storia per adulti in cui Dell’Omo innesta un altro elemento chiave della sua poetica: nessun uomo è un uomo qualunque, la biografia del Paese è leggibile in quella di chiunque abiti quel tempo.

CON ECHI VERISTI, l’autore restituisce le ambientazioni dell’Asinara e le routine quotidiane di detenuti, guardie e delle famiglie delle guardie, il microcosmo di una convivenza coatta per tutti, in un contesto naturale meraviglioso ma angusto e inospitale. I dialoghi lasciano emergere una profonda conoscenza dello spirito del tempo, frutto di uno scavo nella memoria collettiva e di interlocutori privilegiati prodighi di dettagli.
L’Asinara è ancora un posto con poca gente e tante storie ma il carcere si è delocalizzato in strutture più consone alla vocazione emergenziale del liberismo. La «discoteca», il padiglione illuminato così forte che era visibile dalla terraferma, in cui Totò Riina veniva sorvegliato a vista 24 ore su 24, è un guscio di cemento armato e licheni. Un’archeologia carceraria-industriale che, nel 2010, fu teatro dell’Isola dei Cassintegrati, l’occupazione da parte di un gruppo di operai sardi e oggi è destinata alle routine del turismo naturalistico. Anche clima, venti, profumi e pesci sono diversi da allora.
Come pure questo Paese che non è lo stesso rievocato dal narratore. E allora logica, memoria e fantasia restano gli strumenti per non arrendersi al presente.