L’essenziale tacitato nelle voci di Anna Ruchat
Scrittrici italiane «Spettri familiari», da Ibis
Scrittrici italiane «Spettri familiari», da Ibis
«Una pecora viene uccisa accanto a uno spuntone di roccia in un prato sui monti. L’agnellino torna di continuo davanti a quella roccia e la guarda, come fosse sua madre, e non si schioda da lì. Maria dice che io sono come quell’agnellino»: così Ester alla madre, entrambe protagoniste di Spettri familiari (Ibis, pp. 187, € 16,00) di Anna Ruchat, traduttrice (tra l’altro di Thomas Bernhard). Questa piccola storia ha tutta l’aria di essere un apologo, una miniatura dell’intera vicenda: nella «storia dell’agnellino» si legge infatti il nucleo generatore del romanzo e il cuore del problema che avvolge i membri della famiglia protagonista. Ciascun personaggio ha un suo spazio, nel testo, dove esprime la propria voce: Teresa è la giovane istitutrice e frame dei vari momenti narrativi, Pietro e Giovanni sono i bambini (poi divenuti adulti) da accudire, Maria è la madre, una professionista in carriera molto presa dal proprio lavoro, Ester è la figlia di primo letto di Maria; poco si sa del padre dei bambini, sul quale incombe un grave sospetto.
Incombe sul romanzo il disagio manifestato dai due bambini e colto dalle loro insegnanti, tanto che – come sempre accade – sarà l’istitutrice innocente a pagarne le conseguenze, venendo formalmente licenziata, anche se di fatto continuerà a far parte del cerchio familiare: «parlare dei problemi non è mai stato il nostro forte», scrive Maria al marito.
Già accennato tra le pagine degli Anni di Nettuno sulla terra (del 2018), il tema dei segreti familiari, la cui storia viene qui ripresa e continuata, è caro all’autrice, che adotta anche qui, come nel precedente romanzo, la messa in primo piano di tutto fuorché l’essenziale, come non di rado accade soprattutto in alcuni romanzi inglesi del primo Novecento, ad esempio in quelli di Ivy Compton-Burnett, nei quali dell’ambiente familiare si presentano ombre e silenzi imbarazzanti in una forma asciutta e pacata, che reca tracce di macroscopiche ellissi. Ma così come gli astrofisici definiscono i moti degli astri dal comportamento dei corpi celesti a loro più prossimi, il lettore coglie dai silenzi e dalle cesure dinamiche e tensioni difficili da confessare, e ne deduce che la famiglia si regge su complicità e reticenze necessarie per mandare in qualche modo avanti una vita, che procede galleggiando su acque torbide.
Il romanzo ha forti legami anche con Volo in ombra (2010), che ricostruiva i momenti precedenti l’incidente aereo in cui Pierre Ruchat, pilota dell’aviazione svizzera e padre dell’autrice, perse la vita: anche in questo caso le gravi responsabilità di chi aveva consentito ad aerei imperfetti di volare sono tratteggiate in forma quasi documentaria, eppure altamente poetica.
Nell’orbita di Spettri familiari compare anche Giulia Niccolai, che era stata amica dell’autrice e della quale è riportato un passo in cui la poetessa ipotizzava di essere stata, in una vita precedente, una foca e di aver imparato in questa vita a fare a meno del pesce e degli applausi: a conferma dell’allusione al lavoro necessario a prendere coscienza di quanto è avvenuto in un passato, magari anche remoto, ma altrimenti difficile da sopportare.
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