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De Andrè e Pfm, magie in una nuvola rockDescrive un mondo in cui «non esistono parole, ma puri suoni che raccontano tutto senza nominare nulla». Eppure di parole è pieno, Il Pianeta della Musica, titolo già campeggiante sul suo saggio edito da Salani nel 2019. Franco Mussida, settantacinque primavere, è da tempo impegnato in una ricerca in cui musica, letteratura e arte convergono verso un’educazione al «sentire individuale», progetto che gli è valso una medaglia al merito dalla Presidenza della Repubblica nel 2017. Ora, venticinque anni dopo la Sinfonia popolare per 1000 chitarre, l’ex Pfm aggiunge un altro episodio alla sua discografia solista traducendo in musica il soggetto già espresso su carta poco più di tre anni fa. Con risultati alterni. Sì, perché Il Pianeta della Musica e Il viaggio di Iòtu (CPM Music Factory/Self, dal 20 gennaio è anche in Pure Audio Blu-Ray) è un tragitto della coscienza che seppur sincer non riesce a evitare certi toni messianici del gergo new age, come quando l’autore chiama in causa la propria generazione (Io noi la musica) o l’autorità di Leonardo, Jung, Terzani e Battiato (Democrazia solidale). Il protagonista, Iòtu — nel cui nome convivono primo e secondo pronome singolare — compie un viaggio sull’asteroide Loke 4862, educandosi tra ricordi del passato, riflessioni sul presente e su un avvenire da inventare. I brani sono gli appunti di ogni tappa, il suo diario di bordo. Un curioso tragitto sulla coscienza declamato più che cantato dall’ex Pfm

DECLAMATO più che cantato, il testo finisce per oscurare le molte corde che fanno da controcanto al narratore. In questa nuova edizione Pure Audio sarebbe stato interessante, ad esempio, dare più presenza alla chitarra baritona realizzata dal liutaio Marco Vignuzzi, uno strumento con cui Mussida propone un genere da lui ribattezzato UltraProg-Pop, commistione di soul, blues, pop e classico. «Un processo alchemico», lo definisce il musicista, che si affida a moderni strumenti magici come la consolle che fu di David Gilmour. Ma anche la musica cede volentieri alle fascinazioni new age, riportandoci in quegli spazi rarefatti e fortemente riverberanti dei primissimi Novanta, che difficilmente possono offrirci lo Stupore evocato dal titolo della bonus track.
Resta l’interesse sociale e mediatico del progetto, al centro di uno spazio virtuale realizzato in collaborazione con il corso di laurea in comunicazione digitale dell’Università di Pavia. Una dimensione meno esoterica, per l’alchimista delle sei corde.