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L’esempio del Piemonte seguito da molte regioni virtuose

L’11 dicembre 2018, grazie alla Direttiva Europea RED II, le Comunità di Energia Rinnovabile sono state finalmente definite come un soggetto giuridico e riconosciute come lo schema chiave dei futuri […]

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 7 gennaio 2021

L’11 dicembre 2018, grazie alla Direttiva Europea RED II, le Comunità di Energia Rinnovabile sono state finalmente definite come un soggetto giuridico e riconosciute come lo schema chiave dei futuri sistemi energetici decentralizzati. In Italia la Regione Piemonte aveva adottato questo nuovo modello di produzione e autoconsumo ben 5 mesi prima, con l’approvazione e la promulgazione della Legge Regionale sulla “promozione dell’istituzione delle comunità energetiche” del 3 agosto 2018. Successivamente, il virtuoso esempio del Piemonte è stato seguito da Puglia, Lazio, Liguria e Sardegna, che hanno a loro volta definito leggi regionali finalizzate alla promozione e al sostegno, anche finanziario, della fase di costituzione delle Comunità energetiche.

Tali leggi regionali hanno rappresentato nell’immediato il punto di riferimento per chi, da anni, attendeva il riconoscimento legale della figura del prosumer. Nell’ultimo anno però la situazione è cambiata.

A fine 2019, il decreto Milleproroghe ha anticipato il recepimento nazionale della RED II, riconoscendo gli schemi di Autoconsumo Collettivo e le Comunità di Energia Rinnovabile. Il 4 agosto 2020, con la delibera 318/2020, l’Autorità dell’energia ha riconosciuto un modello regolatorio che consente a tali soggetti di godere degli incentivi definiti nel Decreto del MISE del 16 settembre 2020. Il tortuoso percorso legislativo dovrà continuare con il recepimento della RED II, entro la deadline fissata al 30 giugno 2021, che dovrà definire un quadro legislativo unico per i differenti schemi di autoconsumo.

In Italia le Regioni hanno fatto da apripista sul tema delle comunità energetiche, ma, con la recente legislazione nazionale, e ancor di più con il futuro recepimento della direttiva, il loro ruolo sembrerebbe ridimensionato. Sarà comunque necessario l’impegno delle Regioni nel promuovere la diffusione delle Comunità dell’energia nel proprio territorio attraverso il sostegno, anche economico, e la semplificazione burocratica della fase di costituzione, come già definito nelle leggi regionali citate.
Le amministrazioni regionali però non si dovranno limitare a questo. Sarà indispensabile aggiornare e implementare gli esistenti piani energetici regionali – o elaborarne di nuovi qualora non ci fossero – per introdurre i nuovi schemi di autoconsumo come principale veicolo per lo sviluppo della capacità di rinnovabili nel territorio. Le Regioni inoltre dovranno sviluppare il coordinamento delle iniziative pubbliche e private, coinvolgendo i Comuni e i cittadini specialmente nelle aree urbane e suburbane maggiormente degradate. C’è ancora da capire come operativamente le Comunità dell’energia potranno rappresentare un’opportunità per la riqualificazione delle periferie delle città, come diventare strumento per il contrasto alla povertà energetica e come coinvolgere le pubbliche amministrazioni.

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