Cultura

L’epopea cagiara rivive al Matenadaran

L’epopea cagiara rivive al MatenadaranUna foto di Antoine Khan Sevruguin

Al Museo di Manoscritti Antichi di Yerevan Esposti oltre 20mila manoscritti in lingua araba, persiana e turca ottomana. Il visitatore potrà anche ammirare le fotografie di Antoine Khan Sevruguin i cui scatti originali sono stati donati al museo dal nipote Emanuel, residente a Heidelberg, insieme alle miniature del padre André, pittore attivo alla corte dei Pahlavi (1925-1979)

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 8 luglio 2022

Un’immagine in bianco e nero, datata 1890 circa, ritrae un gruppo di donne persiane con gonna corta, calzettoni e velo bianco. A sinistra, siede la famosa cantante e musicista Ozra Khanum. Si tratta di uno scatto dell’armeno persiano Antoine Khan Sevruguin, fotografo alla corte dello scià della dinastia cagiara Naser al-Din che regnò in Persia dal 1848 al 1896 e che per ben tre volte si avventurò in Europa. Da quei viaggi, il re di Persia riportò in patria vari oggetti, tra cui la macchina fotografica e i tutù per le donne del suo harem. Tutù che indossavano le ballerine nei teatri europei e lui aveva applaudito. A Torino, per esempio, nel luglio del 1873 lo scià assistette alla Norma di Vincenzo Bellini in compagnia del re d’Italia Vittorio Emanuele II.

LA COLLEZIONE DEL MUSEO Matenadaran di Yerevan, anche noto come Istituto Mesrop Mashtots di Manoscritti Antichi, comprende oltre 20mila manoscritti. Di questi, circa 2730 presentano caratteri arabi e sono in lingua araba, persiana e in turco ottomano.

Quarantasette anni, docente all’Università statale di Yerevan e curatrice nel Dipartimento di studi orientale del museo Matenadaran, Yvette Tajarian ha studiato i manoscritti persiani dell’epoca cagiara (1794-1925) e al piano inferiore del museo ha allestito una mostra temporanea che, approfittando del flusso di turisti durante la stagione estiva, andrà avanti ad oltranza.

Ad accompagnare la mostra è un catalogo in inglese, armeno e persiano, in cui trovano però spazio soltanto i manoscritti e non le altre opere esposte.

Tra i manoscritti, da non perdere è l’epica persiana Shahnameh («Il libro dei Re») del 1830 e quindi dell’epoca di Fath Ali Shah. Il visitatore potrà anche ammirare le fotografie di Antoine Khan Sevruguin i cui scatti originali sono stati donati al Museo Matenadaran di Yerevan dal nipote Emanuel, residente a Heidelberg, insieme alle miniature del padre André, pittore attivo alla corte dei Pahlavi (1925-1979).

TAJARIAN ha raccolto in questa mostra anche alcuni tessili da lei acquistati quando lavorava a Teheran dov’è nata e cresciuta: «Ho studiato nelle scuole armene, ho frequentato l’Università Azad e ho lavorato al Palazzo Golestan. Per due anni mi sono occupata delle collezioni cagiare, dopodiché mi sono trasferita a Yerevan e qui ho conseguito il dottorato svolgendo la mia ricerca proprio sul fotografo Sevruguin».

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