Quello del filosofo nella città appestata è un mestiere pericoloso. Non per niente, le critiche all’articolo di Giorgio Agamben (il manifesto mercoledì scorso) sconfinano spesso nella critica di aver fatto uso di paradigmi, chiamando in causa la possibilità stessa di esplorare il mondo sulla scorta di modelli che consentano di coglierne le spinte inerziali, la tendenza e gli automatismi. Si scrive paradigma, insomma, ma l’impressione è che si possa leggere «il modo in cui si produce e riproduce la vita immediata», vale a dire quel genere di problemi che hanno da sempre suscitato l’interesse e il talento del materialismo storico....