L’«epidemia» da uranio impoverito
Guerre Intervista all’avvocato Angelo Fiore Tartaglia che ha intentato causa alla Nato: «Oltre ai militari italiani colpiti, chiedono giustizia le vittime civili dei Paesi bombardati come Serbia e Afghanistan. Con 260 sentenze vinte per la sua iniziativa, la Difesa ha fatto dietrofront e la correlazione tra gravi forme tumorali ed esposizione all’uranio impoverito è giurisprudenza»
Guerre Intervista all’avvocato Angelo Fiore Tartaglia che ha intentato causa alla Nato: «Oltre ai militari italiani colpiti, chiedono giustizia le vittime civili dei Paesi bombardati come Serbia e Afghanistan. Con 260 sentenze vinte per la sua iniziativa, la Difesa ha fatto dietrofront e la correlazione tra gravi forme tumorali ed esposizione all’uranio impoverito è giurisprudenza»
Per il Ministero della difesa sembrano esserci morti e feriti di serie A e serie B. Sono considerati eroi quei soldati che muoiono o rimangono feriti sul campo delle disastrose guerre Nato in cui l’Italia sgomita per essere sempre in prima fila, mentre sono considerati fantasmi quei soldati che si ammalano gravemente o muoiono per l’esposizione all’uranio impoverito una volta tornati a casa dalle stesse missioni.
Per la verità ci sono anche le vittime di serie “Z”, i civili, i «danni collaterali», gli abitanti di quei Paesi su cui la Nato ha di volta in volta posato il suo «mirino umanitario».
In Italia, grazie alle oltre 260 sentenze vinte dall’avvocato Angelo Fiore Tartaglia, non solo il Ministero della difesa ha dovuto fare i conti coi propri «fantasmi», ma la correlazione tra gravi forme tumorali ed esposizione all’uranio impoverito è diventata giurisprudenza.
Mentre la Nato, lunga mano della politica estera statunitense, preme l’acceleratore sulla crisi in Ucraina, la «pandemia» da uranio impoverito scatenata dai bombardamenti dell’Alleanza in Serbia, Kosovo, Bosnia, Iraq e Afghanistan continua a mietere vittime. Proprio in Serbia la giurisprudenza italiana sulla questione uranio impoverito è stata messa a disposizione di un pool di avvocati guidati da Srdjan Aleksic che da un anno a questa parte hanno avviato una serie di cause per portare la Nato sul banco degli imputati.
Avvocato Tartaglia, a che punto sono arrivate le cause contro la Nato in Serbia?
La prima causa è stata avviata a gennaio dello scorso anno. L’Alta Corte di Belgrado ha assegnato un termine di sei mesi alla Nato per costituirsi in giudizio. Nel diritto serbo la notifica della citazione può essere fatta solo dal tribunale e il ministero della giustizia serbo non ha ottemperato ancora all’ordine della Corte di notificare la citazione alla Nato. Noi ci siamo resi parte diligente e abbiamo comunicato alla Nato la citazione è abbiamo chiesto alla Corte di comunicare l’invito a costituirsi in giudizio alla Nato tramite mail certificata. Stiamo ora attendendo la risposta della Corte. Questo mese di gennaio abbiamo depositato altre due cause. I costi delle tasse sono molto alti in Serbia quando si agisce con azioni risarcitorie e i danneggiati non hanno i soldi per farlo.
Si profila quindi una nuova strategia legale?
Abbiamo deciso di avviare altre cause chiedendo al momento solo l’accertamento di responsabilità. Perché in tale modo le tasse sono esigue e chiunque può agire in giudizio. Una volta accertata la responsabilità e il nesso di causalità potremo poi fare domande risarcitorie collettive e così ridurre notevolmente il costo delle cause dovuto alle tasse. Stiamo lavorando intensamente e credo che riusciremo a dare tutela ai danneggiati. Non vi sono solo questioni legate all’uranio impoverito ma anche questioni relative a bombardamenti indiscriminati con vari tipi di ordigni micidiali fra cui le bombe a grappolo.
Come pensate che i cittadini serbi possano avere giustizia di fronte ad un colosso come la Nato ed alle sue responsabilità di guerra?
L’Alleanza atlantica ha personalità giuridica e vi sono tutti i presupposti per ottenere il risarcimento dei danni ì favore dei danneggiati. Le azioni intraprese in Serbia riguardano sia la responsabilità della Nato per crimini di guerra sia del governo serbo per non aver informato la popolazione dei rischi di trovarsi in ambienti altamente contaminati, sia per non avere adottato alcuna misura di sicurezza. Inoltre va considerato che in Serbia è prevista una responsabilità oggettiva per aver costretto la popolazione e i militari a dover subire la guerra. Io e il mio collega Aleksic intenteremo tutte le azioni per ottenere l’accertamento prima della responsabilità poi il ristoro di tutti i danni nonché finalmente le bonifiche ambientali, spingendo la questione fino ad interessare le autorità giuridiche e politiche europee.
A proposito di Europa, vi sono casi simili a quelli italiani per i soldati di altri Paesi Nato rientrati dalle missioni all’estero?
Sì. In tutti i paesi europei che hanno partecipato alle missioni ma la questione è tenuta molto sotto tono dai mezzi di informazione e i governi negano qualsiasi nesso di causalità. Nel 2019 è apparsa la notizia ad esempio in Germania dove 220 militari tedeschi che si sono ammalati di tumore al rientro dalle missioni hanno chiesto i danni ma il governo ha negato ogni nesso di causalità con l’uranio impoverito. Stiamo cercando contatti e canali per mettere a disposizione la giurisprudenza che abbiamo costruito in Italia anche in altri Paesi europei. Esiste una vera e propria internazionale delle vittime Nato civili-militari che esige verità e giustizia.
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