Cultura

Lena e Dixon, tra Livorno e Glasgow nell’impatto con la realtà

Lena e Dixon, tra Livorno e Glasgow nell’impatto con la realtà

NARRATIVA «No Big Deal», l’esordio letterario di Rachele Salvini per le edizioni Nottetempo

Pubblicato circa 5 ore faEdizione del 1 ottobre 2024

Nonostante il nome e le parentesi cerchino in tutti i modi di sminuirne l’importanza, è merito della band indipendente dell’Est di Londra, (No Big Deal) – ovvero «niente di che» – se i destini dei due protagonisti del romanzo d’esordio di Rachele Salvini (Nottetempo, pp. 396, euro 17,90) con il titolo, non a caso, No Big Deal, si incrociano. La storia di Lena Marchi e Dixon Hein, raccontata da entrambi in prima persona e a capitoli alternati, procede su binari paralleli per tutta la prima parte del romanzo: a Livorno, dove seguiamo il doloroso ingresso nell’adolescenza di Lena, nata «in una famiglia perbene in cui certe cose non succedono», e a Londra dove Dixon, originario di Glasgow, è appena arrivato con nel cuore la speranza di una vita nuova.

ENTRAMBI FIGLI UNICI alle prese con famiglie cosiddette disfunzionali, Lena e Dixon hanno molto in comune, prima di tutto il sentirsi soli e infelici: «Ecco cos’avrei voluto chiedere a mia madre – osserva Lena – perché sono così infelice? Non importava neanche che mi desse una risposta. Dubitavo che ce ne fosse una. Ma sentirle dire “Non lo so” e vederla triste e impotente forse mi avrebbe aiutato». Quegli adulti non hanno risposte da dare ai propri figli, né sguardi se non per ferire e ingabbiare: «mi stava fissando con un disordinato, scomposto, feroce bisogno di far male» dice Dixon del padre, così come gli occhi della madre di Lena si soffermano sulla pelle brufolosa della figlia e «saettano via per evitare lo spettacolo funesto». Alla ferocia dello sguardo, delle parole e, nel caso di Dixon, della violenza fisica, si aggiunge l’assenza del padre di Lena, che scappa di casa con un’altra donna, e della madre di Dixon, che decide di ritornare a Glasgow e scomparire dalla vita del figlio dopo aver appreso che il marito gli ha reciso un nervo durante l’ennesima aggressione.

Un’estrema fragilità adulta si rispecchia nella sofferenza dell’adolescenza che si prolunga nella giovinezza e si esprime nel disagio nei confronti del proprio corpo, tradotto da Salvini con precisione chirurgica. Sarà la musica a restituire quanto non è stato loro dato. «Forse è così che è cominciata la mia carriera da musicista», commenta Dixon, che nel frattempo è diventato il chitarrista dei (No Big Deal), «volevo essere guardato. Le birre di mio padre erano la mia chitarra». Ed è al riparo delle cuffie di un mp3 che Lena riuscirà a isolarsi sia dal silenzio assordante dei genitori che dal frastuono crudele dei suoi compagni di classe. Sua vera ossessione, la musica è anche una passione che innesca in lei il desiderio di diventare una critica musicale. Ed è proprio inseguendo questo sogno che, nella seconda parte del romanzo, a un concerto dei (No Big Deal) Lena conosce tutti i suoi componenti, tra cui Dixon, ma soprattutto Alexander Green di cui si innamora.

SESSO, DROGA E ROCK’N’ROLL segnano le vicende dei personaggi: nella ricerca disperata di sé stessi il sesso è ancora un luogo per sentirsi vivi, la droga un modo per ottundere l’impatto con la realtà o l’unico modo per percepirla, e il rock, se da una parte rimane un simbolo di trasgressione e ribellione, dall’altra rivela le sue contraddizioni. È Lena stessa ad accorgersene durante un corso di scrittura: «La musica rock è sempre stata prevalentemente in mano agli uomini bianchi, e il sessismo nell’industria del rock mi sembra ancora un territorio inesplorato», dichiara alla docente che le ha chiesto di sondare il suo rapporto con la musica. Di riferimenti al ruolo delle donne è disseminato tutto il romanzo, dove i personaggi femminili sono continuamente e severamente giudicati dallo sguardo altrui, sia maschile che femminile. Con una lingua mai sazia nel descrivere la realtà, eppure nitida e puntuale, Salvini ci conduce dentro il mondo doloroso della gioventù d’oggi, e sceglie di farlo anche intervallando la prosa italiana con inserti in inglese, non tanto per una necessità mimetica, ma perché il rock è un’immersione nel suono della lingua anglofona.

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