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L’emozione di salire sugli alberi

Storie La pratica del «tree climbing» da tempo si è affermata negli Stati Uniti, sia come attività ricreativa che come vera professione. La pratica oggi si sta diffondendo anche in Italia, per lavoro e un po’ per gioco

Pubblicato circa un anno faEdizione del 29 giugno 2023

l tree climbing – ovvero l’arrampicata sugli alberi – è probabilmente la più primordiale forma di scalata mai esistita, che riporta l’uomo ai suoi progenitori. E pur senza scomodare Darwin e la nostra discendenza dalle scimmie, i ricordi infantili di pomeriggi trascorsi a salire sugli alberi di un bosco o di un giardino sono memorie preziose per molte persone.

NEGLI STATI UNITI IL TREE CLIMBING è in voga da diverso tempo anche tra gli adulti: come attività ricreativa più o meno istituzionalizzata, ma anche come vera e propria professione che si è gradualmente specializzata a partire dagli anni ’60. Nell’ultimo mezzo secolo gli Usa hanno indirizzato le tecniche di intervento sugli alberi con lavoro a fune, una tendenza che con qualche decennio di ritardo ha preso sempre più piede anche in Europa e in Italia.

SIA BEN INTESO: BOSCAIOLI E CONTADINI si sono sempre arrampicati sulle piante anche da questa parte dell’oceano, ma a partire da fine anni ’80 i protocolli di intervento sono andati sempre di più verso una certa standardizzazione. Oggi sono regolati principalmente da norme condivise innanzitutto con il collegio delle guide alpine, che ha inizialmente recepito i contenuti specifici del decreto 81/2008 (testo unico sulla sicurezza sul lavoro) e che li ha implementati con le peculiarità delle manovre derivate dal mondo dell’alpinismo e della speleologia. Parallelamente è cresciuta la consapevolezza ambientale, perché il tree climbing in ambito lavorativo è correlato soprattutto a interventi di potatura, ancoraggio e consolidamento – talvolta anche di abbattimento – che vanno effettuati con la maggiore conoscenza possibile della fisiologia delle piante.

LA PARTE DI ARRAMPICATA E’ PERCIO’ solo uno degli elementi che compongono le competenze del tree climber, che deve essere in grado anche di conoscere al meglio la struttura della pianta stessa ed eseguire i tagli sulla stessa in modo da preservare la salute dell’albero.

IN ITALIA ESISTONO DIVERSE AZIENDE che lavorano nel settore, non che diverse imprese, associazioni e società che propongono corsi di tree climbing. In provincia di Trento si registra uno degli esempi più validi di avvio al tree climbing nazionale. La cooperativa delle guide alpine del Trentino tiene dei corsi, che in breve tempo mettono l’aspirante tree climber nelle condizioni di avvicinarsi all’attività. «Il ciclo di lezioni è della durata di 32 ore – ci spiega Demis Centi, presidente della cooperativa e formatore per corsi di sicurezza sul lavoro in fune – ed è rivolto a tutti quelli che devono lavorare su alberi da alto fusto. La prima cosa da comprendere è la corretta valutazione dei rischi, ambientali e di caduta. Per quanto riguarda la progressione, nella quasi totalità dei lavori di tree climbing si installano le corde dal basso. Generalmente, se il primo ramo è a 5-7 metri di altezza si tira una pallina legata a un sagolino e si procede a montare le corde».

A PRIMA VISTA IL MATERIALE UTILIZZATO può sembrare quello tradizionale dell’alpinismo, ma non è così. «Sono corde semistatiche da lavoro, così come gli imbraghi sono differenti. Tutta l’attrezzatura è diversa, seppure derivata dal mondo alpinistico e speleologico. I materiali tengono conto delle necessità dell’operatore, ma anche della pianta. A differenza dell’arrampicata su roccia, gli alberi sono esseri viventi e bisogna utilizzare gli strumenti corretti. Per esempio, al giorno d’oggi i ramponi si usano solo per salire in caso di abbattimenti, perché le punte possono ferire la pianta irrimediabilmente».

ATTREZZI COME IL JUMAR PERMETTONO di risalire la corda, ma il tree climber sa come attuare dei pendoli e muoversi tra i rami anche solo grazie all’ausilio di mani e piedi. «Un trascorso d’arrampicata può aiutare l’alunno a trovarsi più a proprio agio: padroneggiare la verticalità è un vantaggio, almeno inizialmente, perché comunque si lavora anche a decine di metri d’altezza. Ci vuole poi una certa forza fisica».

AI RUDIMENTI SULL’ARRAMPICATA sugli alberi, per fare del tree climber un vero professionista va aggiunta tanta esperienza e una conoscenza importante della pianta e delle tecniche di taglio. Mauro Fronza è una guida alpina che si è dedicata totalmente al tree climbing. «Ho iniziato nel 1989, mi domandarono per un castagno da potare, venivo dall’alpinismo. Oggi lavoriamo su piante molto diverse tra loro. Ci sono alberi più difficili da salire come tigli, salici, o anche i cipressi, che hanno una chioma molto fitta e sono generalmente piuttosto alti».

LA CONOSCENZA DELLA TIPOLOGIA specifica della pianta e delle sue condizioni è fondamentale. «Bisogna capire lo stato di salute dell’albero per muoversi e operare in sicurezza. Per esempio dei funghi bianchi – quelle mensoline che a volte capita di vedere – indicano la presenza di marciume. I lavori che eseguiamo sono di potatura, ancoraggio, consolidamento e abbattimento, anche se non sempre possiamo operare come bisognerebbe». Per eseguire dei lavori nella maniera corretta non è sufficiente infatti avere dei professionisti all’altezza, ma anche il giusto contesto culturale.

«SE TAGLI UNA GROSSA BRANCA anche l’apparato radicale si atrofizza, perché l’albero non sente più la necessità di avere un supporto di una certa dimensione. E la cicatrizzazione di un taglio importante – diciamo di 20 centimetri di diametro – può diventare impossibile. Certe capitozzature condannano la pianta alla morte futura. Il compito del nostro lavoro è anche spiegare che alcune potature, soprattutto quelle che riducono l’altezza, possono essere letali per la pianta. Un conto però è lavorare con le pubbliche amministrazioni, dove magari si incontra una maggiore sensibilità, un altro è avere a che fare con certi privati. Magari in un condominio c’è una disputa sulle foglie cadute e dobbiamo tagliare dei rami che andrebbero lasciati, non sempre si riesce a fare ragionare le persone. Così come spesso ci tocca intervenire per ridurre una pianta in altezza, ma sappiamo già che così facendo la condanniamo a morte futura. Bisogna fare sì che cresca il livello culturale: rispetto al passato si nota un miglioramento generale, ma in un periodo in cui si parla di emergenza climatica, è importante fare il possibile per preservare le piante, per conservare al meglio la loro vita, soprattutto in città».

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