«Lemnos», fra il mito di Filottete e le storie degli antifascisti greci
A teatro Una drammaturgia di Giorgina Pi con il suo gruppo Bluemotion e Massimo Fusillo
A teatro Una drammaturgia di Giorgina Pi con il suo gruppo Bluemotion e Massimo Fusillo
Giorgina Pi con il suo gruppo Bluemotion lascia gli spazi usuali del romano Angelo Mai, per approdare su un’isola greca, che è titolo e simbolo del suo nuovo spettacolo, Lemnos (in realtà l’approdo materiale è a Genova, il cui Teatro Nazionale produce l’allestimento: fino a domani al Gustavo Modena, dal 22 al 27 all’Astra di Torino). Quella località dell’arcipelago greco offre l’occasione di mettere a confronto il suo passato recente e la sua «preistoria», anzi la sua mitologia. Quell’isola fu infatti il luogo, sperduto nel mare, ove i greci in rotta verso Troia da distruggere, abbandonarono Filottete (reso da Sofocle protagonista di una dura tragedia) per la sua incurabile malattia. Cercando poi di imbrogliarlo per estorcergli un’arma propiziatoria senza la quale non avrebbero potuto sconfiggere il regno di Priamo.
A QUESTO FINE Neottolemo (figlio di Ulisse) e Menelao (fratello di Agamennone) tornarono indietro su quella stessa isola, ma furono smascherati dall’eroe prigioniero che li cacciò. E su quell’eroe lavorò in diverse occasioni Mario Martone agli inizi della sua storia artistica.Quegli stessi luoghi, molti secoli dopo, nel nostro novecento, sono stati nuovamente luogo di segregazione e prigionia, per gli oppositori della dittatura militare in Grecia, dalla fine della seconda guerra mondiale agli anni 70, quando il regime dei colonnelli venne abbattuto. In quell’isolato confino passarono in molti, compreso il grande poeta Ghiannis Ritsos. Makronisos è un nome rimasto così tristemente noto come luogo di prigionia, torture e anche uccisione di molti antifascisti.
Quegli stessi luoghi, molti secoli dopo, nel nostro novecento, sono stati nuovamente luogo di segregazione e prigionia, per gli oppositori della dittatura militare in Grecia
DA QUESTO parallelo doloroso, Giorgina Pi ha tratto, assieme a Massimo Fusillo (filologo e comparatista tra i più acuti, nonché a fianco di Martone in quelle lontane ricerche), questa inquietante visione di un luogo e della sua straziante memoria. Nella semioscurità del palcoscenico che evoca quella situazione, Filottete (impersonato da Gaia Insenga) invalido e reietto nega la sua collaborazione alla prestanza guerriera di Neottolemo (Gabriele Portoghese) e alle bugiarde lusinghe di Ulisse (Giampiero Judica). Se gli anni della dittatura generarono una corale tragedia, suona in greco qui anche il coro, reso da un’artista greca, Alexia Sarantopoulou. Mentre le citazioni letterarie vanno da Ritsos a Derek Walcott, a Helene Cixous (femminista, drammaturga di Ariane Mnouchkine). È un’emozione dura a vedersi e sentirsi, ma che rischiara la coscienza, e nella novità delle forme conferma al teatro la sua grande funzione civile.
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