L’eleganza jazz dei classici rivisitati da Dave Brubeck
Note sparse Ristampa con un capolavoro del 1959, «Gone with the wind» con il quartetto del grande pianista. E con un prezioso bonus, «Time Further Out», capolavoro di due anni successivo
Note sparse Ristampa con un capolavoro del 1959, «Gone with the wind» con il quartetto del grande pianista. E con un prezioso bonus, «Time Further Out», capolavoro di due anni successivo
Dici «Dave Brubeck», e l’appassionato medio di tutto il pianeta pensa a Take Five, il brano asimmetrico e vischioso che lo senti una volta e non te lo togli più dalla testa, anche perché è stato usato per qualche decina di sigle televisive e radiofoniche, da quell’ormai lontano 1959. In realtà il pianista con l’aria da nerd fu personaggio assai più interessante di quanto il pubblico bianco e borghese sapesse: ad esempio se ne andò in giro per il mondo con un nero al basso, Eugene Wright, e raccontò a tutti che anche nelle magnifiche sorti progressive delle Stelle e Strisce c’erano meschinità e razzismo. In quello stesso ’59 Dave Brubeck incise anche questo magnifico Gone With The Wind, dedicato a classici del Sud rivisti con inarrivabile eleganza cameristica. Il gruppo ha suonato molti di questi brani per la prima volta in studio, elaborandoli in modo spontaneo (c’è una doppia fantastica rielaborazione di Camptown Races). Ora il disco ritorna, e, troppa grazia, in unico dischetto anche un intero altro lavoro, Time Further Out, di due anni successivo, una continuazione ideale di Time Out in cui il quartetto esplora ancora soluzioni ritmiche inusuali
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