«C’è un numero abbastanza elevato di edifici inagibili che va ricostruito o delocalizzato, non ricostruito in sito, per ragioni di sicurezza idrogeologica e sismica»: l’ammissione è del commissario per l’emergenza Ischia, Giovanni Legnini. Un nodo che non sarà facile da sciogliere: «Va garantito ai cittadini il diritto alla casa – ha continuato – acquistandola altrove sull’isola, consentendo nei limiti strettissimi nei quali si può immaginare un’area di nuova costruzione, riutilizzando il patrimonio edilizio esistente. Le case abusive, ma anche quelle che non lo sono, dovranno rispettare il principio della sicurezza». Dodici morti sembrano aver segnato uno spartiacque rispetto persino al terremoto del 2017. «Ci sarà bisogno di persuasione – ha concluso Legnini – e di risorse che il governo non farà mancare».

I CIRCA MILLE residenti che si sono allontanati dalla zona rossa non rientreranno nelle loro case: «Domenica è stato deciso di mantenere questa misura cautelativa». È iniziata ieri una seconda fase di verifiche che durerà fino a domani poi si trarranno le conclusioni. Analisi e mappatura serviranno anche a predisporre un piano di interventi sia urgenti che strutturali. Da una prima ricognizione, sono circa 430 gli edifici compresi nelle aree di rischio sui quali i tecnici stanno eseguendo nuove verifiche; 50 le case distrutte o inagibili (quelle più vicine al punto di innesco della frana).

A ISCHIA è arrivato il geologo dell’università di Firenze Nicola Casagli per montare sistemi di rilevazione e un radar interferometrico con cui monitorare Casamicciola: «Darà informazioni in tempo reale – ha spiegato -. Mappe multitemporali di deformazione del suolo per controllare i movimenti del terreno. Iniziamo dalla frana principale, poi andremo a vedere le frane secondarie, alcune non hanno bisogno di monitoraggio ma di interventi rapidi di sistemazione». E ancora: «L’evento del 26 novembre è stato molto grande e severo. Mi ero occupato nel 2006 delle frane sul monte Vezzi qui a Ischia ma questo è di proporzioni notevolmente superiori. Situazioni simili si erano verificate altrove in Italia. Accade dove viene cancellata la rete idrografica superficiale, costituita da alvei e canali: l’acqua si riprende i suoi spazi, cancellati da case, edifici, strade e infrastrutture».

LA POPOLAZIONE sta collaborando ma il futuro è incerto. Chi ha una casa in regola potrà accedere agli aiuti. Ma chi ha la domanda di condono in sospeso? Nel post sisma del 2017 ebbero il contributo di autonoma sistemazione ma ci fu un’accelerazione nell’evadere le pratiche, solo 6 le domande di condono accolte. Adesso? Francesco Rispoli è professore in pensione di Composizione Architettonica della Federico II, originario di Ischia: «A Casamicciola la messa in sicurezza dell’area investita dalla frana richiederà molti soldi e molti anni. Circa la delocalizzazione della popolazione, è una cosa augurabile ma è sottoposta alla disponibilità di terreni da parte delle amministrazioni e a una capacità di procede a espropri di aree già sicure per destinarle a edilizia popolare. Difficile, poi, fare una riserva ad hoc per queste persone. Può esserci chi dice ‘perché a me no?’. Ischia si trova a naufragare in un pasticcio difficile da risolvere».

E SULLE DOMANDE da evadere: «Come si fa adesso a legittimare una casa che non c’è più o è sul percorso della frana? Gli abitanti di quella zona di Casamicciola sono i più poveri, hanno costruito lì perché non potevano altrove, avevano un pezzo di terra in una zona pericolosa. Vittime anche delle amministrazioni che non hanno agito. Serve una politica di alloggi popolari in luoghi sicuri, che faccia emergere le esigenze abitative famiglia per famiglia. Basta densificare un tantino. Il miraggio della casa individuale ha creato a un’edilizia sparsa che non ha fatto il bene del territorio né degli abitanti».

E POI C’È IL TEMA della mancata prevenzione, le mappe per i piani di assetto idrogeologico erano datate (2002) e mai aggiornate? Il geologo Romeo Toccaceli è stato consulente del piano per la ricostruzione post terremoto 2017: «La fragilità dell’area è nota. Il territorio è stato oggetto di studi da parte dell’Autorità di bacino adesso Distretto idrografico dell’Appennino meridionale. Dopo il sisma la regione ha commissionato il piano di ricostruzione e sono state fatte attività di valutazione. La mappatura del piano stralcio ha fornito e fornisce gli elementi di pericolosità e di rischio. Il lavoro di studio c’è stato, di supporto alla pianificazione». Infatti lo stesso 26 novembre l’Autorità di Bacino dell’Appennino Meridionale ha stilato una relazione: «Gli impluvi sono soggetti a una elevatissima antropizzazione lungo la parte medio-bassa del loro tracciato, con strade alveo, edificazioni e tombamenti».