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La legge elettorale prende corpo ma agita gli schieramenti

La legge elettorale prende corpo ma agita gli schieramentiMaurizio Mangialardi, candidato del Partito Democratico nelle Marche

Regioni Marche. La riforma tra una settimana in consiglio. Acerbo (Prc): «Porcata liberticida»

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 23 giugno 2020

A cento giorni di distanza dalle elezioni regionali, le Marche si apprestano a cambiare la legge elettorale. Il colpo di mano arriva dal centrosinistra ma ha trovato sponde importanti anche a destra e prevede non solo un doppio turno sul modello delle comunali ma anche l’esclusione dall’assemblea legislativa di tutti i candidati alla presidenza della giunta all’infuori dei primi due classificati.

Ieri in commissione Affari istituzionali la proposta è passata con l’astensione della destra e il parere contrario del Movimento 5 Stelle, il cui candidato alla presidenza, Gianni Mercorelli, arriva a parlare addirittura di «fascismo amministrativo». La discussione e il voto sul tema si consumeranno in consiglio regionale tra una settimana.

Inizialmente, la modifica della normativa elettorale regionale era stata proposta dai consiglieri di Uniti per le Marche (socialisti e civici) dieci giorni fa, all’interno della nuova legge sul garante dei Diritti della persona, ma l’iter era stato stoppato all’ultimo dal consigliere di Articolo Uno Gianluca Busilacchi. Adesso il tema è destinato a tornare al centro del dibattito, peraltro contro il parere del governo, che era stato impegnato dalla Camera a «rappresentare alle regioni l’inopportunità» di modificare le regole alla vigilia del voto.

«Si tratta di un’autentica porcata liberticida che non ha analogie in nessuna regione italiana ed è evidentemente volta a colpire ogni ipotesi di candidatura autonoma, che possa aggregare le aree che non si riconoscono nella pessima esperienza della giunta presieduta dal dem Luca Ceriscioli. Con queste iniziative antidemocratiche e di dubbia costituzionalità il Pd vuole presentarsi come argine contro le destre?», commenta il segretario di Rifondazione comunista Maurizio Acerbo, che annuncia anche una serie di mobilitazioni nelle Marche, dove, a sinistra, è in costruzione la lista «Dipende da noi» guidata dal filosofo Roberto Mancini.

Nel Pd le acque sono agitatissime. La candidatura del sindaco di Senigallia Maurizio Mangialardi stenta a decollare, travolta com’è da problemi sempre nuovi che dividono il partito ogni due o tre giorni. Questa della legge elettorale è l’ennesima grana: tre consiglieri sarebbero fortemente contrari, mentre il segretario regionale dem Giovanni Gostoli appare spaesato e, sollecitato a intervenire per chiarire quale sia la linea, si è limitato a «prendere atto» che nel Pd in molti sono d’accordo con questa modifica.

Se Atene piange, comunque, Sparta certo non ride. Anche la destra non sa bene come comportarsi: a Roma gli ordini del giorno presentati alla Camera affinché le regioni non modifichino la legge elettorale sono venuti da Forza Italia e da Fratelli d’Italia, ad Ancona però i consiglieri ancora non si espongono, e infatti con la loro astensione hanno aiutato il centrosinistra a portare la modifica della legge al prossimo consiglio. Anche qui, nell’ombra è finito il candidato Francesco Acquaroli (FdI), che giusto ieri ha ricevuto la benedizione ufficiale della trimurti Salvini-Meloni-Berlusconi.

Il problema è che non si sa quanto i cacicchi locali siano inclini a prendere ordini dai propri leader nazionali, persi come sono tra misteri e magie intelligibili solo agli iniziati, ovvero a chi segue da vicino le piccole vicende territoriali, dove poi bisognerà andare a caccia di preferenze per farsi eleggere.

In tutto questo, sono scomparsi gli unici due temi davvero rilevanti per i cittadini marchigiani: il terremoto (ci sono ancora 26mila persone fuori di casa) e la riforma sanitaria, per ora ferma soltanto alla chiusura degli ospedali periferici (13 negli ultimi dieci anni) in assenza di una vera riprogrammazione. Un problema che si è fatto sentire in maniera durissima durante la crisi del coronavirus, con la saturazione delle terapie intensive e poi pure con l’incredibile vicenda del Covid Center di Civitanova Marche costruito da Guido Bertolaso e dall’Ordine di Malta.

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