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Legge 40, dieci anni di sentenze contrarie

Legge 40, dieci anni di sentenze contrarieLa corte euroepa per i diritti dell'uomo

Scheda In materia di procreazione assistita e diagnosi preimpianto si sono pronunciati contro quanto stabilito nel 2004 vari tribunali italiani, la corte costituzionale e anche la corte europa per i diritti dell'uomo

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 11 marzo 2014

In dieci anni la legge 40, entrata in vigore il 10 marzo 2004, ha già collezionato 29 sentenze contrarie in diversi tribunali italiani e anche in Europa. A denunciarlo è l’associazione Coscioni secondo cui in assenza di una presa di posizione da parte del parlamento e del governo questi casi non potranno che aumentare. E anche se una materia così delicata è per sua natura squisitamente morale e quindi politica, il parere di così tanti giudici non può più essere ignorata. Ecco solo alcune delle sentenze che hanno segnato la storia di questo decennio.
Il 29 giugno 2004 il tribunale di Cagliari accoglie il ricorso presentato da una coppia che a seguito del trattamento di procreazione assistita aveva ottenuto una gravidanza plurima con rischi clinici per la salute della madre e dei nascituri. L’ordinanza del giudice sostenne che non c’è alcuna differenza tra gravidanza naturale e gravidanza medicalmente assistita e quindi permise la riduzione embrionaria per gravidanze trigemine. Sempre il tribunale di Cagliari, il 24 settembre 2007, ritiene ammissibile la diagnosi preimpianto in quanto conforme alla Costituzione e contraddice le linee guida alla legge 40 che limitavano la diagnosi preimpianto alla sola indagine osservazionale.
Nel 2008, sia il Tar del Lazio che il tribunale di Firenze sollevano diverse eccezioni di costituzionalità su cui si pronuncia la Corte costituzionale con sentenza del 8 maggio 2009. Si tratta di uno dei momenti più significativi da quando la legge 40 è entrata in vigore. La Corte cancella il limite di tre embrioni producibili e l’obbligo di impianto di tutti gli embrioni prodotti, quindi deroga il divieto di crioconservazione previsto per la tutela della salute della donna e degli stessi embrioni. La decisione viene lasciata alla discrezionalità del medico “depositario del sapere tecnico del caso concreto”. Il 29 giugno 2009 il tribunale di Bologna applica la nuova sentenza: dispone l’applicazione della diagnosi preimpianto di un numero minimo di 6 embrioni e il trasferimento in utero solo di quelli sani e la crioconservazione degli altri. Il 9 gennaio 2010 il tribunale di Salerno riconosce il diritto ad una coppia non sterile di ricorre alla procreazione medicalmente assistita in presenza del rischio di generare figli affetti di gravi malattie geneticamente trasmissibili.
Il 28 agosto 2012 arriva un’altra sentenza storica, questa volta da parte della Corte europea per i diritti umani che condanna lo Stato italiano a risarcire una coppia fertile portatrice di fibrosi cistica a cui non è consentita la fecondazione in vitro. Il 9 novembre 2012, ancora il tribunale di Cagliari, riafferma il diritto di ottenere la diagnosi preimpiato per una coppia affetta di talassemia che era ricorsa alla procreazione medicalmente assistita con trasferimento in utero dei soli embrioni sani e crioconservazione degli ulteriori embrioni.

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