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«Legalizzare le sostanze, per neutralizzare i clan mafiosi»

«Legalizzare le sostanze,  per neutralizzare i clan mafiosi»

Antimafia Intervista all’imprenditrice Valeria Grasso, collaboratrice di giustizia. Da due anni viaggia con i suoi 3 figli da un luogo protetto all’altro perché ha rifiutato di pagare il pizzo a Palermo

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 8 febbraio 2014

Vive sotto scorta e in località segrete da due anni, da quando è finita nel mirino del clan Madonia di Palermo perché ha avuto il coraggio di ribellarsi alla richiesta di pizzo e ha contribuito a far arrestare alcuni capi cosca. Da testimone di giustizia quale è, l’imprenditrice Valeria Grasso, presidente dell’associazione palermitana antimafia «Legalità e Libertà», non mostra mai in pubblico il suo volto, come ha fatto alla conferenza stampa organizzata in Campidoglio dal cartello di associazioni «Illegale è la legge» per lanciare il corteo di oggi a Roma. Non a caso la signora Grasso, come anche il Comitato don Peppe Diana impegnato da anni nella lotta alla camorra a Casal di Principe che dei clan casalesi è l’epicentro, hanno aderito all’iniziativa antiproibizionista per la cancellazione della legge Fini Giovanardi, sapendo molto bene che è il narcotraffico il core business delle mafie.

Lei è tra coloro che hanno detto «no alla mafia» mettendo in gioco la propria incolumità e quella dei propri cari. Ci racconta la sua storia?

Da due anni viaggio con i miei 3 figli e il mio compagno attraverso l’Italia intera, da un luogo protetto all’altro, da quando la mafia è venuta a bussare alla porta della mia palestra, prima con modi garbati, poi sempre più insistentemente: il prezzo da pagare erano mille euro al mese in cambio della tranquillità e della pace da buon vicinato. Mi sono trovata dinanzi alla scelta più difficile della mia vita: rimanere libera o sottomettermi alla prepotenza della mafia. Diventare una testimone di giustizia non è facile, la sofferenza è tanta, ma ogni giorno mi dico che ne è valsa la pena. Poter guardare in faccia i miei figli senza vergogna e poter insegnare loro che i propri sogni vanno conquistati, per me non ha prezzo.

Perché ha accettato di diventare testimonial del corteo antiproibizionista di oggi?

Perché voi siete un pezzo dell’antimafia sociale, non quella da passerella, e combattete attraverso una causa giusta con un impegno attivo e pratico. Io credo che togliere ossigeno alle mafie in fondo è facilissimo, basterebbe legalizzare e togliergli i proventi dei traffici di sostanze illecite che sono la loro maggiore forma di finanziamento. Eppure fino a poco tempo fa sarei stata una sostenitrice del «campo opposto», quello della proibizione e della sanzione penale, quello insomma della legge Fini-Giovanardi. Sono cresciuta in una cultura dove le condotte “sbagliate” dovevano essere proibite a prescindere. Eppure anch’io, per dirne una, sono una fumatrice di sigarette, quelle sigarette che producono oltre 30.000 morti all’anno per cancro ai polmoni.

Poi cosa è successo? Come ha cambiato idea?

E’ stata la vita che mi ha messo in una situazione che non avrei mai immaginato, ma che mi ha aperto gli occhi e di questo ne sono felice, tutto sommato mi è andata bene, avrei potuto continuare a vivere con la testa sotto la sabbia. Non sono una profonda conoscitrice di tutte le statistiche e i dati ministeriali, ma so per certo che non si conoscono casi di morte per marijuana. Quest’ipocrisia quotidiana è sotto gli occhi di tutti. La stessa ipocrisia che ha ispirato la legge Fini-Giovanardi grazie alla quale le carceri italiane sono sovraffollate di piccoli spacciatori e consumatori, mentre i pesci grossi continuano a navigare in acque sicure. Ho avuto la sfortuna di conoscere a fondo le strutture delle attività mafiose, le loro gerarchie e le loro dinamiche, i loro interessi economici, la loro capacità di controllare il territorio anche e soprattutto attraverso lo spaccio di sostanze stupefacenti nei quartieri e nelle piazze di Palermo. Credo fortemente nel messaggio di Falcone: «La mafia è un fenomeno umano e in quanto tale può essere sconfitta». La Corte Costituzionale andrebbe esattamente in questa direzione, se il prossimo 12 febbraio si pronunciasse con una sentenza di illegittimità. A questo punto tocca alla politica fare il proprio corso e il proprio lavoro. Bisogna legalizzare, senza paura, anzi con coraggio: perché non c’è alternativa. Per questo vorrei che a Roma arrivassero in tanti e tante per lanciare un urlo contro tutte le mafie e i loro business criminali.

*portavoce del cartello «Illegale è la legge».

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