Lega, il vento del Nord fa vacillare Salvini
Destre A Giovenzano l’assemblea del Comitato fondato da Bossi dichiara guerra al leader. E oggi da Varese potrebbe arrivare un altro segnale
Destre A Giovenzano l’assemblea del Comitato fondato da Bossi dichiara guerra al leader. E oggi da Varese potrebbe arrivare un altro segnale
È sulla sedia a rotelle, costretto a parlare con difficoltà estrema. Ma è sempre Umberto Bossi, il Senatur, l’intera storia della Lega Nord concentrata in una biografia e in un leader che riemerge dal passato. Ancora un anno fa la pretesa di sfidare l’astro Salvini avrebbe destato solo sentimenti compassionevoli senza impensierire affatto il Capitano. Le cose sono cambiate e quanto incombente sia per il vicepremier la minaccia lo si capirà oggi stesso, dall’esito del congresso di Varese. Che non è una città come tante ma una roccaforte di primissima grandezza, al punto che, quando i leghisti erano considerati come barbari feroci, all’inizio degli anni ’90, D’Alema propose addirittura di sospendere le elezioni amministrative per evitarne la caduta.
L’ASSEMBLEA del comitato del Nord di ieri nel castello di Giovenzano è una dichiarazione di guerra, più esplicita di quante ce ne siano mai state dall’ascesa di Salvini in poi. Se ne occupa direttamente il Senatur, in un tripudio tutto padano di bandiere verdi: «Tutti sapevamo come sarebbe finita. Se cancelli l’identità muori. Temevamo che tanta gente se ne sarebbe andata: non potevamo accettarlo senza fare niente. Siamo qui per rinnovare la Lega, non per distruggerla o faremmo un piacere al centralismo romano».
La Lega «rinnovata» a cui pensano Bossi e i 200 convenuti, pochi rispetto alle folle dei bei tempi o alle piazze riempite da Salvini ma molti più del previsto, e l’identità «chiara e forte» che vogliono restituire al Carroccio si riassumono in un termine solo: Nord. Questa non è la Lega nazionale che vagheggiava il nuovo leader, non sogna sfondamenti al sud, intende tornare a essere quello che era: la rappresentanza dei ceti medi e produttivi del settentrione.
È UNA SCOMMESSA fuori tempo massimo? Forse. Di certo però il Capitano non è mai stato così debole. Non è solo la sconfitta del 25 settembre a far traballare il suo trono ma la percezione chiara che la mazzata non sia ancora il fondo, che anzi la picchiata prosegua e prenda velocità. La legge di bilancio è stata un colpo durissimo, anche se a firmarla è stato un leghista doc come Giorgetti. La scelta obbligata di mettere al primo posto le consegne della Ue, la «difesa dei conti pubblici», ha impedito a Salvini di portare a casa risultati reali. I sondaggi attestano che la retorica da comizio non morde più.
La guerra santa sulla libertà di pagare in contanti è surreale, come del resto anche farne un caposaldo della lotta contro l’evasione, e oltretutto è smentita dallo stesso Giorgetti che suggerisce ai consumatori di disertare il locali che rifiutano il pagamento Pos.
LA CRISI È REALE. I bossiani hanno vinto il congresso a Bergamo, eleggendo Fabrizio Sala. A Varese minacciano il candidato di Salvini, il sindaco di Gallarate Cassani, con un tandem composto dal coordinatore Giuseppe Longhin affiancato come vice da Mirko Reta che ha ritirato la candidatura per non dividere le forze. In Veneto il disagio è cresciuto al punto da richiedere il commissariamento. In Lombardia Letizia Moratti cerca di cogliere al volo l’occasione offerta dai guai di Fontana per la gestione della prima ondata Covid a Bergamo e lancia mazzi di fiori ai bossiani, considerandoli esplicitamente un’entità politica diversa dalla Lega di Salvini.
Il leader della Lega ha ancora molte carte in mano ma ormai è tutt’altro che intoccabile. La sua possibilità di restare in sella dipenderà da cosa decideranno i governatori: che il Capitano vinca o perda, la Lega dovrà pagare un tributo copioso al Nord. La Lega nazionale di Salvini è già un ricordo.
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