Scuola

L’educazione sessuale a scuola divide Pd e Sel a Roma

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Istruzione Ritirata la proposta che penalizza l’autonomia scolastica, svilisce le competenze degli organi collegiali e danneggia il valore dell'educazione alle differenze. Per il momento

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 19 giugno 2014

La maggioranza di centrosinistra in Campidoglio ieri ha preferito fare mancare il numero legale in Campidoglio pur di non votare una delibera sui programmi didattivi connessi all’educazione sessuale e sentimentali dei bambini nelle scuole di Roma creando così una spaccatura.

La delibera è stata presentata dall’opposizione e porta la firma dell’ex assessore alla Scuola Gianluigi De Palo (CittadiniXRoma). Punta a «garantire il pieno e formale consenso unitamente alla collaborazione delle famiglie delle associazioni familiari e genitoriali su programmi didattici connessi al tema dell’educazione sessuale».

Il provvedimento è stato accantonato per essere discusso a fine Consiglio, ma poi non è stata poi votata perché è mancato il numero legale. Al termine del Consiglio comunale c’è stata una discussione animata tra la consigliera di Sel Imma Battaglia ed alcune famiglie a favore del provvedimento, presenti nel pubblico. Queste ultime hanno sottolineato il loro «diritto costituzionale di educare i propri figli».

«Oggi ci siamo trovati davanti a una discussione su una delibera sulla quale ci aspettavamo l’unità della maggioranza a votare contro perchè è un provvedimento contro l’autonomia scolastica» ha detto Battaglia. Secondo la consigliera alcuni consiglieri del Pd erano pronti a votare a favore della delibera. Il capogruppo di Sel in Campidoglio Gianluca Peciola ha ribadito: «Se la maggioranza non sarà compatta su questo tema faremo ostruzionismo ad oltranza perchè non si può fare un passo indietro sulla libertà e l’autonomia delle scuole». De Palo ha deciso di accogliere la richiesta della maggioranza di accantonare la delibera per cercare mediazioni che possano trovare l’accordo tra tutte le anime del Pd.

Come abbiamo già scritto ieri questa delibera vuole istituire una cabina di regia per coinvolgere le associazioni dei genitori nell’approvazione preventiva dei progetti educativi e didattici inerenti l’educazione sentimentale. La proposta, in realtà, penalizza l’autonomia scolastica e svilisce le competenze degli organi collegiali degli istituti. Vuole istituire vere e proprie forme di controllo regionali che ignorano le esigenze e le problematiche territoriali, i bisogni didattici e i contesti specifici in cui sono immersi i singoli istituti scolastici.

La delibera risponde alle coordinate di una campagna contro una sedicente “ideologia del gender“, promossa dalla destra e da Bagnasco, presidente della Cei, non hanno fatto presa sull’opinione pubblica. Ormai la società è cambiata, le battaglie per la libertà hanno sedimentato valori e principi e l’idea che la prevenzione al bullismo, all’omofobia e alla violenza sulle donne sia la nuova “dittatura dell’Occidente”, che distrugge l’ordine naturale, fa imbufalire o sorridere, ma non riscuote sostegno diffuso.

Questo accadeva in Campidoglio ieri pomeriggio, contemporaneamente a qualche chilometro di distanza, una sessantina di persone – insegnanti, formatrici, genitori e associazioni – si incontrava nella libreria Tuba al Pigneto per la prima riunione romana in vista del 20 settembre, la giornata nazionale per L’educazione alle differenze, promossa da oltre 100 realtà collettive da nord a sud, per valorizzare e mettere in rete scuole, associazioni e progetti di educazione sentimentale e sessuale.

Condividendo buone pratiche e mettendo a tema il valore dell’educazione alle differenze, ieri moltissime donne e uomini si sono dette preoccupate dalle minacce oscurantiste e sono rimaste allibite per il comportamento e le dichiarazioni di alcuni esponenti del Pd.

In particolare quelle di Daniela Tiburzi che ha dichiarato voto favorevole alla delibera facendo riferimento ai propri figli e al desiderio che essi vengano “educati con principi di  una famiglia normale”, legittimando un criterio di “normalità” che ci porta indietro di millenni.

Quello della delibera mancata (finora) è un nuovo caso in cui la politica si mostra arretrata e inadeguata a fronteggiare i cambiamenti sociali e le trasformazioni famigliari che genitori, educatrici e insegnanti affrontano ogni giorno, in quello straordinario laboratorio di cittadinanza e pluralità che è la scuola pubblica.

 

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