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L’ecotassa di Portland

L’ecotassa di PortlandSkyline di Portland, Oregon

Alternative Nella città dell’Oregon a novembre si voterà per tassare i giganti dell’industria e creare un fondo da investire in energia pulita

Pubblicato circa 6 anni faEdizione del 6 settembre 2018

In origine fu Measure 97, un’iniziativa sottoposta a referendum nel 2016 che doveva stabilire se rimuovere il tetto fiscale – noto come «imposta minima» – sulle vendite delle società per stabilire una tassa del 2,5% su quelle che superavano i 25 milioni di dollari. Ma il referendum, nonostante fosse dato per vinto, venne perso in Oregon col 42% di coloro che volevano quella nuova la misura e il 58% dei contrari. Se approvata, la nuova tassa avrebbe generato un aumento delle entrate statali di circa 3 miliardi all’anno. Adesso in Oregon ci riprovano. Una nuova iniziativa a Portland – la città più grande dello Stato americano – vuole un nuovo referendum (prevesto a novembre) mirato nuovamente a tassare i giganti dell’industria per creare un fondo da investire in energia pulita. Città nota per i suoi birrifici e le caffetterie, Portland è famosa anche per le piste ciclabili, i parchi e una vocazione ecologista. Il nuovo referendum è previsto a novembre.

L’INIZIATIVA MIRA A CREARE UN FONDO PUBBLICO – Portland Clean Energy Fund – che dovrebbe fruttare circa 30 milioni di dollari l’anno in nuove entrate per l’aggiornamento dell’efficienza energetica, l’esposizione agli agenti atmosferici, l’energia solare sui tetti, la formazione professionale, la produzione alimentare locale e più infrastrutture verdi. Come? Con un nuovo supplemento di licenza commerciale dell’1% sul totale delle entrate delle società di vendita al dettaglio che operano nella città e che hanno avuto oltre un miliardo di ricavi nelle precedenti vendite nazionali annuali e 500.000 dollari nelle vendite annuali a Portland (generi alimentari e medicinali sarebbero però esenti). La nuova tassa colpirebbe dunque solo le maggiori catene di vendita al dettaglio nel Paese e creerebbe un’entrata più che significativa da investire in energia rinnovabile in città. Il che si tradurrebbe – dicono i suoi sostenitori – anche in creazione di nuovi posti di lavoro. Verdi.

CHI PAGHERÀ? Wells Fargo, Apple, Comcast, Banana Republic, per fare qualche nome famoso: gli stessi che già temevano la famosa «Misura 97». Ma a Portland chiariscono che Measure 97 era stata un’iniziativa a livello statale, mentre il Portland Clean Energy Fund si applicherebbe solo ai principali rivenditori della città. Inoltre Misura 97 non avrebbe esentato generi alimentari e medicinali come invece propone questa iniziativa. E comunque, aggiungono, il referendum del 2016 a Portland aveva vinto con oltre il 60% dei voti. Del resto, mentre si raccoglievano le 34mila firme necessarie per qualificare il referendum, a firmare son stati in 60 mila.
La lista dei sostenitori è lunga: oltre 150 organizzazioni comunitarie, aziende e leader religiosi, singoli sponsor del calibro di Naomi Klein o William “Bill” McKibben (Gandhi Peace Award‎ nel 2013). La campagna è guidata da una coalizione che comprende l’Asian Pacific American Network dell’Oregon, la Coalition of Communities of Colour (Ccc), la Naacp Portland Branch 1120, il Native American Youth & Family Centre (Naya) e Verde. A seguire, organizzazioni ambientaliste come Sierra Club o gruppi di pressione come Oregon Physicians for Social Responsibility (Medici dell’Oregon per la responsabilità sociale).

OLTRE ALLA SCELTA AMBIENTALISTA c’è un risvolto sociale interessante. Portland è la più grande città bianca d’America (78 per cento) anche se esiste da sempre una comunità nera. Che questa volta si fa avanti: «È un’iniziativa pionieristica – ha detto Jenny Lee, della Ccc al magazine ecologista Grist- perché è la prima campagna ambientale o climatica che, per quanto ne sappiamo, è stata guidata in Oregon da organizzazioni di colore». Non a caso, tra il 40 e il 60 per cento del denaro raccolto nel fondo verrebbe indirizzato a progetti di energia rinnovabile e di efficienza energetica, la metà dei quali dovrà però essere specificamente destinata a residenti con basso reddito e a comunità di neri. Il fondo dedica il 20-25 per cento alla formazione di posti di lavoro nel settore dell’energia pulita e dà la priorità alle donne, alle persone di colore e alle persone con disabilità; il 10-15 percento è per programmi di contenimento dei gas serra; il 5% va a un fondo per l’innovazione tecnologica. Una rivoluzione.

I CITTADINI DI PORTLAND saranno in buon compagnia: nello Stato di Washington, un’ampia coalizione vuole una tassa sul carbonio che è destinata a essere sottoposta a referendum sempre in novembre. L’iniziativa ha raccolto circa 380.000 firme dagli elettori di Washington: 120.000 in più del necessario. Se il referendum sulla cosiddetta Iniziativa 1631 dovesse passare, lo Stato di Washington istituirebbe la prima tassa sul carbonio nel Paese. Con buona pace di Donald Trump e degli affossatori della carbon tax a livello nazionale.

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