L’ecosocialismo del futuro deve essere portatore di giustizia sociale
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L’ecosocialismo del futuro deve essere portatore di giustizia sociale

Libri Rigenerazione - Giustizia ambientale ed energia nell’Europa del futuro Livio de Santoli (Castelvecchi)
Pubblicato 4 mesi faEdizione del 13 giugno 2024

Sarebbe riduttivo connotare come normale saggio il libro di Livio de Santoli. Il suo è infatti un Manifesto per un ecosocialismo che ha come riferimento il recupero e la rilettura delle riflessioni di Marx su natura e ambiente, effettuati da Kohei Saito, secondo il quale «non è possibile comprendere tutta la portata della critica dell’economia politica» di Marx, se «si ignora la sua dimensione ecologica»

ANCHE LIVIO DE SANTOLI ricompone la frattura tra ambientalismo e socialismo, che considera precondizione per porre le basi di uno stile di vita diverso e sostenibile. Occorre infatti «sgomberare definitivamente il campo dall’assunto che l’ambiente possa essere adeguatamente protetto senza modificare il quadro ideologico e le dinamiche strutturali esistenti».

ECOSOCIALISTA DEVE ALLORA essere anche un nuovo ambientalismo progressista, con l’uomo come protagonista di una transizione energetica basata su rinaturalizzazione degli ecosistmi, tutela della biodiversità, finanza sostenibile, produzione agricola a misura delle sue necessità. Solo in un simile contesto è possibile soddisfare fabbisogni di base come l’energia, la vita dignitosa, il cibo, le comunicazioni, l’aria, l’acqua, tutti da considerare beni comuni, beni nei quali Livio de Santoli individua un punto di riferimento obbligatorio per chi giudica la battaglia per l’ambiente inseparabile dalla battaglia per la giustizia sociale.

LOGICA CONSEGUENZA di questi assunti è il ruolo centrale assegnato alla «rigenerazione». Poiché la natura è generativa, questa deve diventare anche una caratteristica dell’essere umano e della società, quindi anche della transizione energetica da qui al 2050.

IN QUESTA LETTURA dell’ecologia come ecologia integrale, le forme organizzative e le misure identificate per favorire la transizione energetica cessano dunque di essere un insieme indifferenziato. Diventano pertanto prioritari: lo sviluppo dell’economia circolare, rigenerativa perché non esiste più il termine «rifiuto», ma ogni cosa diventa risorsa da riutilizzare; e quello delle comunità energetiche rinnovabili, strumento di cittadinanza attiva, che abolisce la separazione tra produttore e consumatore, rendendo chi vi partecipa consapevole degli effetti delle proprie scelte (empowerment) e del valore dei beni comuni, entrambi fattori essenziali della sostenibilità.

«PER VIVERE BENE OCCORRE una identità, cioè una dignità, e assicurare l’una significa tutelare l’altra. L’energia condivisa garantisce questa identità perché è realizzata mediante l’impegno individuale in una comunità che a sua volta è chiamata a tutelare il territorio in cui vive, sia in termini di valorizzazione che di cura delle sue risorse». Ma le comunità energetiche rovesciano anche l’attuale modello di gestione delle risorse energetiche, verticistico e centralizzato, consentendo un cambiamento positivo nel comportamento degli uomini, già in corso nel crescente numero di comunità energetiche.

ATTRAVERSO QUESTA PUNTUALE analisi delle contraddizioni esistenti tra l’attuale modello economico e sociale e gli interventi richiesti per evitare il disastro climatico, Livio de Santoli lancia anche un monito a chi, pur essendo attivo nella promozione dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili, pensa che, per convincere gli oppositori e gli incerti, sia sufficiente illustrarne le prestazioni.

E LO FA CON LE PAROLE di Brian Eno, uno dei compositori, per lo più rock, che cita con perizia a supporto delle proprie tesi: «L’errore che commettiamo con il movimento per il clima è assumere che gli esseri umani siano semplici processori di informazione. Li imaginiamo come computer e pensiamo che immettendo in essi abbastanza dati siano in grado di rispondere efficacemente».

E, SOVVERSIVO ANCHE IN QUESTO, conclude il libro con una citazione di Ivano Fossati: «Dicono che c’è un tempo per seminare e uno per aspettare. Io dico che c’era un tempo sognato che bisognava sognare». Ancora una volta trovando nelle parole di un cantautore la conferma che la valorizzazione dell’utopia indica un possibile percorso per ripensare il senso della nostra vita sociale e del nostro legame con la natura.

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