Cultura

Learco Pignagnoli e la genesi dell’assenza da sé

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NARRAZIONI A cura di Daniele Benati per Quodlibet, un volume che comprende gli aforismi dell'autore immaginario

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 21 dicembre 2022

Pubblicate per la prima volta nel 1995 nella rivista «Il Semplice», poi raccolte in una prima edizione del 2006, ora aggiornate e ripubblicate dall’editore Quodlibet, le opere di Learco Pignagnoli dimostrano ancora oggi tutta la loro puntualità. Il volume (pp. 240, euro 16) curato da Daniele Benati raccoglie tutti gli aforismi di questo misterioso filosofo, un po’ cinico, un po’ poeta, nato a Campogalliano e a San Giovanni in Persiceto (in entrambi i luoghi), dipendente presso la ditta Scoppiabigi e Figli, dove tiene dietro al loro lupo: epigrammi, brevissimi racconti, note autobiografiche o biografiche in cui il discorso filosofico si fonde con la vita o, meglio, la vita si fa suprema manifestazione del logos filosofico, in perfetta consonanza con l’insegnamento dell’antico Diogene di Sinope. «Se non c’è niente da ridere vuol dire che non c’è niente di tragico, e se non c’è niente di tragico, che valore vuoi che abbia».

COME SI APPRENDE da alcuni scritti critici, Pignagnoli è fondatore della corrente filosofica dell’assenzialismo, coagulatasi in un movimento che sposa come propria pratica fondamentale il non esserci: avendo revocato in dubbio ogni convenzione, ogni legge morale, ogni pratica riconosciuta, l’assenzialismo spinge la critica fino alla presenza positiva, chiedendosi il motivo del privilegio tradizionalmente assegnato all’esserci piuttosto che al non esserci. Assenti non per distrazione, ma per consapevole deliberazione: mancare a ogni evento, grande o piccolo, non essere presenti foss’anche agli avvenimenti più trascurabili. Non solo essere assenti agli eventi e a chi vi presenzia, ma mancare anche l’incontro con se stessi.

La capacità di Pignagnoli di mancare ovunque e in qualsiasi momento è da lui esercitata con una capacità previsionale, con un fiuto che sfiorano la profezia, mediante cui egli riesce a mancare in concomitanza di fatti o intere epoche storiche, prima ancora di tutti gli altri che invece saranno presenti. Pare che egli non abbia partecipato ad alcuno dei numerosi convegni dedicati al suo pensiero, caratterizzati da larga affluenza di popolo, di relatori e di pubblico acclamante.

COME EBBE A SCRIVERE di lui Ugo Cornia: «Sapere dove adesso non è Pignagnoli, conoscere la miriade di eventi presso i quali Pignagnoli non è già a partire da oggi o non è stato negli anni appena trascorsi, potrebbe mostrarci luoghi o eventi ai quali vorremmo mancare nel 2030, ma oggi, per una carenza di fiuto, tutti accorriamo anche senza bisogno di esser pagati». In un’epoca in cui la presenza, al limite dell’imposizione, è predicata in ogni ambito e con ogni mezzo, in cui ciascuno è portato spontaneamente a sopravvalutare il proprio apporto, a pretendere smisurata adulazione al proprio nulla, lo stupore irriducibile che guida la vita e le opere di Learco Pignagnoli sono una lezione da apprendere e meditare. Pignagnoli è il filosofo di cui il nostro mondo ha bisogno.
«Tranne me e te, tutto il mondo è pieno di gente strana. E poi anche te sei un po’ strano».

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