Lealtà misteriose, se il successo arriva senza fretta
Express La rubrica della cultura che fa il giro del mondo
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Per chi cerca una dimostrazione – l’ennesima – che il successo di un libro non si determina a tavolino (o perlomeno: ha un margine di imprevedibilità molto maggiore di quanto auspicherebbe la maggior parte degli editori), quello di El infinito en un junco della spagnola Irene Vallejo è un caso da manuale.
Già, a giudicare dalle attuali classifiche di vendita e da ciò che scrivono abitualmente gli osservatori del mondo editoriale, quante persone potrebbero avere voglia di comprare e poi leggere un saggio di quattrocento pagine il cui sottotitolo, La invención de los libros en el mundo antiguo, lascia capire senza possibilità di dubbio che la materia trattata è lontana nel tempo e svincolata da ogni moda? Ed ecco la risposta, che dobbiamo a un articolo di Borja Hermoso uscito su El País alla vigilia di Natale: da quando è approdato nelle librerie di Spagna, nell’autunno 2019, El infinito en un junco ha venduto 150.000 copie, è arrivato alla ventiseiesima edizione ed è stato, o sta per essere, tradotto in trenta lingue. (In Italia uscirà per Bompiani).
Potere smisurato del passaparola, sostenuto in questo caso anche da alcuni influenti paladini della prima ora. Come l’irrequieto scrittore argentino-canadese Alberto Manguel (ora trapiantato a Lisbona), che a ridosso dell’uscita del volume ne ha firmato una recensione sinceramente entusiasta sul supplemento «Babelia» dello stesso El País. O come il Nobel Mario Vargas Llosa che si è congratulato pubblicamente con Irene Vallejo «per la bellezza di un libro scritto meravigliosamente, in cui una grande sapienza si scioglie in una bella cronaca piacevole e mai pretenziosa».
Ma soprattutto merito (appunto) del testo stesso, «un perfetto equilibrio tra erudizione e divulgazione», secondo le parole di Ofelia Grande, della casa editrice Siruela, che ha creduto nelle possibilità di quest’opera apparentemente difficile: «Far arrivare un saggio sulla storia del libro a una così vasta gamma di lettori – ha detto Grande a Hermoso – sembrava a priori un compito impossibile. Tuttavia, la risposta è stata unanime».
In questo successo Vallejo, che in precedenza aveva pubblicato per un’altra sigla spagnola, Contraseña, un paio di romanzi e alcuni testi per ragazzi, è comunque pronta a riconoscere l’aiuto di Siruela: sono stati gli editor di questa casa editrice intelligente e raffinata (in catalogo Italo Calvino, Peter Sloterdijk, Clarice Lispector) a incoraggiarla a concentrarsi sull’antichità, tralasciando il progetto iniziale, che prevedeva una storia del libro fino a Gutenberg (e che avrebbe raddoppiato, o quasi, la mole del volume), e ancora loro a consigliarle di cambiare il titolo da Una misteriosa lealtad (omaggio a Borges, secondo il quale «ci avviciniamo ai libri con un fervore preesistente e una lealtà misteriosa») all’attuale El infinito en un junco, allusione a Pascal, che guardava agli esseri umani come a «giunchi pensanti».
E adesso? Cosa succede quando si diventa da un giorno all’altro «bestselleristi»? Per fortuna Vallejo è consapevole di avere quello che appropriatamente Hermoso definisce «un nemico temibile»: la fretta. È la stessa autrice a dirlo bene: «Il mercato editoriale è molto vorace, subito ti chiedono di pubblicare un altro libro per approfittare del successo che stai vivendo, ma non voglio avere fretta.
La cosa più importante per me ora è difendere la mia libertà creativa. Ho già detto al mio agente che non voglio lavorare con un contratto o un anticipo. Non credo che il pubblico abbia bisogno di un libro da me ogni anno. Sarebbe controproducente».
Parole sante. Resistere alla tentazione del momento non sarà facile, noi glielo auguriamo di cuore.
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